
Il raffreddore comune è probabilmente la malattia più diffusa al mondo. Quando diciamo “raffreddore”, di solito pensiamo a qualcosa di semplice: naso che cola, gola che pizzica, un po’ di tosse e malessere generale. Un disturbo banale, quasi scontato.
In realtà si tratta di un’infezione virale sorprendentemente complessa, che coinvolge centinaia di agenti patogeni diversi, il nostro sistema immunitario, i comportamenti sociali, lo stress, il sonno e perfino il clima.
In questo articolo proveremo a guardare sotto la superficie, per capire davvero cosa sia il raffreddore comune e perché, nonostante la sua apparente banalità, rimanga uno dei problemi di salute più diffusi al mondo.
- Cos’è davvero il raffreddore comune?
- I virus del raffreddore: un esercito variegato
- Fattori di rischio: cosa ci rende vulnerabili?
- I meccanismi alla base della sintomatologia del raffreddore
- Raffreddore o allergia? Come distinguerli
- I trattamenti per il raffreddore: le terapie sintomatiche
- I trattamenti per il raffreddore: Terapie complementari e di supporto
- Morbilità del comune rafreddore
- Vaccini contro il raffreddore
- Conclusioni: il raffreddore è un nemico da non sottovalutare
- Studio di riferimento
Cos’è davvero il raffreddore comune?
Il National Institute for Health and Care Excellence (NICE) definisce il raffreddore comune come “un’infezione autolimitante e lieve delle vie respiratorie superiori caratterizzata da congestione e secrezione nasale, starnuti, mal di gola e tosse” (NICE, 2023). Questa definizione clinica, però, nasconde una realtà più articolata.
Generalmente si considera che il raffreddore sia causato da virus, in particolare alcuni rinovirus e coronavirus comuni.
Tuttavia, la diagnosi è meno semplice di quanto possa sembrare. Infatti non esiste un livello minimo o una combinazione specifica di sintomi che definisca inequivocabilmente un raffreddore. Inoltre non sempre i virus vengono rilevati nelle persone che mostrano i sintomi tipici. Infine, il quadro clinico può variare considerevolmente da persona a persona.
La sintomatologia tipica del raffreddore
I sintomi più fastidiosi seguono tipicamente una progressione caratteristica. Il mal di gola tende a essere predominante il primo giorno, seguito da congestione nasale e poi tosse nei giorni successivi. Questi sintomi si sovrappongono ad altre condizioni: allergie, tonsillite e infezioni del tratto respiratorio inferiore. Ciò rende spesso la diagnosi un processo di esclusione che si basa generalmente su una valutazione clinica globale da parte del paziente stesso o di un operatore sanitario.
Le radicate credenze popolari
Il termine “raffreddore comune” è utilizzato da secoli ed è profondamente radicato nella cultura popolare. Interessante notare che per lungo tempo si è creduto che l’esposizione al freddo causasse direttamente i sintomi della malattia (Richard Lower `De Catarrhis’, 1672). Solo negli anni ’50, con la scoperta dei rinovirus, si è compreso che il raffreddore è causato da virus respiratori, non dal freddo in sé.
Un peso significativo per la salute pubblica
Sebbene i raffreddori siano generalmente limitati per gravità e durata e non portino a gravi esiti di salute come il ricovero in ospedale, si verificano frequentemente in qualsiasi momento dell’anno e tutti sono vulnerabili. I bambini sperimentano in media tra sei e dieci raffreddori all’anno, mentre gli adulti ne hanno tra due e quattro all’anno. Questa elevata frequenza fa sì che il comune raffreddore rappresenti un peso considerevole per la salute pubblica.
L’impatto sulla vita quotidiana è tutt’altro che trascurabile: i raffreddori sono una delle principali cause della perdita di produttività lavorativa e dell’assenteismo scolastico. I costi economici e sociali sono significativi, pur venendo spesso sottovalutati.
Il concetto dell’iceberg virale
Uno studio su 214 individui ha rivelato che circa il 70% delle infezioni da virus respiratori risulta asintomatico (Galanti M., 2019). Vuol dire che la maggior parte delle infezioni virali respiratorie non produce alcun sintomo riconoscibile. Come per un iceberg, la porzione più grande delle infezioni rimane “sommersa” e asintomatica.
Solo una piccola porzione dell’iceberg emerge “sopra la linea dell’acqua”, manifestandosi in quello che riconosciamo e chiamiamo raffreddore comune. Ancora meno sono i casi più gravi, quelli nei quali l’infezione può evolvere in malattie simil-influenzali con sintomi sistemici come febbre, dolori muscolari e malessere generale, o persino in infezioni delle basse vie respiratorie come bronchiolite o polmonite.
I virus del raffreddore: un esercito variegato
Tutti i virus respiratori possono causare sintomi riconosciuti come raffreddore comune. Persino alcuni virus non classificati come respiratori (come il morbillo e gli enterovirus) possono produrre sintomi simili quando infettano le vie aeree superiori. Anche alcune infezioni batteriche possono manifestarsi con sintomi da raffreddore.
I principali responsabili del raffreddore
Rinovirus (HRV): Sono i responsabili principali, trovati in oltre la metà delle infezioni delle vie respiratorie superiori. Con le loro tre specie (A, B, C) e circa 100 sierotipi diversi, possono essere considerati l’infezione più comune dell’umanità a livello mondiale.
Coronavirus stagionali: Prima della pandemia di COVID-19, quattro tipi di coronavirus (OC43, 229E, NL63, HKU1) circolavano regolarmente causando raffreddori comuni. La famiglia dei coronavirus si è ampliata drammaticamente con SARS, MERS e SARS-CoV-2.
Virus respiratorio sinciziale (RSV): Particolarmente pericoloso per neonati e anziani, causa sintomi lievi negli adulti ma può provocare bronchiolite grave nei bambini.
Altri virus: Parainfluenza, influenza, adenovirus, metapneumovirus e bocavirus completano il quadro dei patogeni respiratori.
È interessante notare che continuano a essere scoperti nuovi virus. Il metapneumovirus, ad esempio, è stato identificato solo nel 2001 da ricercatori olandesi, anche se circolava già da 65 anni e praticamente tutti i bambini vengono infettati entro i cinque anni di età.
Fattori di rischio: cosa ci rende vulnerabili?
Una malattia antica quanto l’umanità
Il raffreddore comune accompagna l’essere umano da millenni e le teorie sulla sua origine si sono evolute nel corso della storia. Nell’antica Grecia e poi a Roma, il raffreddore veniva spiegato attraverso la patologia umorale di Ippocrate. Si credeva che il raffreddamento del corpo causasse uno squilibrio degli “umori” corporei, provocando il caratteristico flusso di muco dal naso. Questa teoria del “raffreddamento” come causa primaria della malattia persistette per secoli.
Nel XVII secolo, Richard Lower, eminente medico londinese, pubblicò il trattato “De Catarrhis” in cui sosteneva che per prevenire il raffreddore fosse fondamentale proteggersi dal freddo esterno, mantenere una corretta sudorazione e, se necessario, trasferirsi in climi caldi e secchi. L’idea che l’esposizione al freddo causasse direttamente i sintomi o aumentasse la suscettibilità alle infezioni dominò la medicina per tutto il XIX e XX secolo.
Solo con la scoperta dei rinovirus negli anni ’50 del Novecento si comprese che il raffreddore è causato da virus respiratori, non dal freddo in sé. Tuttavia, ancora oggi persiste nel folklore popolare la convinzione che “prendere freddo” causi il raffreddore, anche se le evidenze scientifiche a supporto di questo meccanismo rimangono deboli e controverse.

Tradotto e modificato da Eccles R. (2023). Common cold. Frontiers in allergy, 4, 1224988. https://doi.org/10.3389/falgy.2023.1224988
Affollamento e socialità
I virus respiratori si trasmettono attraverso aerosol generati da tosse e starnuti e tramite superfici contaminate (Kutter JS. et al., 2018) È ovvio che la trasmissione è più probabile in ambienti affollati come scuole, mezzi pubblici, cinema e teatri. Più siamo vicini agli altri, più è facile infettarsi.
Uno studio condotto su 626 partecipanti in Inghilterra e Galles ha dimostrato che trascorrere tempo in metropolitane, supermercati, teatri, cinema, concerti e ristoranti aumentava il rischio di acquisire infezioni respiratorie acute.
Sorprendentemente, però, le persone più socievoli potrebbero avere una maggiore resistenza alle infezioni respiratorie. Uno studio su 334 partecipanti a Pittsburgh (Cohen S. et al, 2003) ha rilevato che le persone che mostravano una maggiore socievolezza avevano, in modo lineare, una minore probabilità di sviluppare un raffreddore dopo l’esposizione a un rinovirus, indipendentemente dall’immunità di base al virus. Il meccanismo di questa protezione rimane sconosciuto, anche se si ipotizza un legame con un sonno migliore, una dieta più equilibrata e emozioni più positive.
Stress psicologico e raffreddore
La definizione scientifica di stress è la condizione che si crea quando le richieste esterne (fattori di stress) superano la capacità dell’organismo di adattarsi alle condizioni e possono perciò causare cambiamenti psicologici e biologici dannosi (Takkouche B. et al., 2001).
Lo stress a lungo termine ha un impatto negativo sul sistema immunitario. Questo perchè sopprime la produzione, sulle mucose, di immunoglobuline A secretorie (sIgA), fondamentali per l’immunità mucosale (Tsujita S. et al, 1999). Uno studio condotto su 1.149 soggetti di una università spagnola per un anno ha trovato una correlazione moderata tra eventi stressanti della vita e incidenza del raffreddore comune (Takkouche B. et al., 2001).
Comunque trovare una correlazione tra stress psicologico e raffreddore è difficile, visto che lo stress può anche essere associato a cambiamenti nella dieta, nel comportamento, nel fumo, nell’ingestione di alcol ecc. che possono a loro volta influenzare il rischio di raffreddore comune.
Il rilascio di ormoni come il cortisolo, associato allo stress, può compromettere la risposta immunitaria. Ciò rende i soggetti più suscettibili allo sviluppo di sintomi da raffreddore dopo l’infezione (Cohen S. et al., 2002).
Fumo, alcol e raffreddore
Il fumo aumenta il rischio di infezioni respiratorie danneggiando e irritando l’epitelio respiratorio e alterando le difese strutturali, funzionali e immunologiche dell’organismo. Uno studio su 391 volontari ha rilevato che i fumatori avevano maggiori probabilità di sviluppare infezioni e malattie dopo l’esposizione a virus respiratori (Cohen S. et al., 1993).
L’alcol, sorprendentemente, mostra un effetto opposto: l’assunzione moderata (fino a tre o quattro bevande alcoliche al giorno) è stata associata a un minor rischio di sviluppare un raffreddore nei non fumatori, probabilmente grazie a un effetto benefico sul sistema immunitario (Cohen S. et al., 1993).
Status immunitario e genitorialità
Quando un neonato nasce, non ha un sistema immunitario maturo e dipende dall’immunità derivata dalla madre attraverso immunoglobuline trasferite tramite placenta e latte materno. Questa protezione materna diminuisce nel primo anno di vita man mano che il bambino smette di essere allattato al seno, poiché le immunoglobuline hanno un’emivita relativamente breve (Atyeo C. et al., 2021).
Le infezioni respiratorie si verificano per tutta la vita. Ciò è dovuto a diversi fattori che garantiscono il successo evolutivo di questi virus:
- l’enorme numero di sierotipi (come i rinovirus con oltre 100 varianti),
- la deriva antigenica che li fa evolvere continuamente,
- la breve durata dell’immunità acquisita.
Anche dopo un’infezione recente, la reinfezione è possibile. Questo accade quando i livelli di anticorpi calano o quando il virus muta in nuove varianti con maggiore capacità infettiva. È ciò che abbiamo osservato con le numerose varianti di SARS-CoV-2 durante la pandemia di COVID-19.
Un dato interessante riguarda la genitorialità. Avere figli è stato associato a una minore probabilità di sviluppare sintomi da raffreddore quando esposti a un virus, con una protezione che aumenta con il numero di figli. E, inoltre, questa resistenza era indipendente dall’immunità specifica pre-esposizione, suggerendo meccanismi ancora non completamente compresi (Sneed RS. et al.,2012).
Differenze di sesso
Le differenze sessuali nella patogenesi virale sono significative. In generale, i maschi sono più suscettibili a esiti gravi rispetto alle femmine nelle età più giovani e più anziane. Durante gli anni riproduttivi, dalla pubertà alla menopausa, le femmine sono a maggior rischio di esiti gravi dalle infezioni virali respiratorie (Ursin RL, Klein SL., 2021).
Esistono anche differenze nella percezione dei sintomi: gli uomini tendono a “sopravvalutare” significativamente i propri sintomi rispetto a quanto facciano le donne (Macintyre S.,1993).
Età e raffreddore
L’incidenza del raffreddore comune varia durante tutta la vita. I neonati iniziano con poca immunità e alta incidenza di raffreddori (6-8 all’anno). Invece gli adulti hanno meno raffreddori (2-4 all’anno) grazie all’esposizione precedente ai virus. L’incidenza è inversamente proporzionale all’età (Heikkinen T, Järvinen A, 2003).
L’età influenza anche la gravità della malattia. Gli estremi dell’età (infanzia e vecchiaia) presentano esiti più gravi rispetto alla fascia adulta, a causa del sistema immunitario immaturo nei neonati e dell’immunità calante negli anziani (Mammas IN et al., 2020; Falsey AR et al., 2005).
Sonno
La qualità del sonno è considerata un importante predittore dell’immunità e della suscettibilità al raffreddore comune. Studi di esposizione controllata a rinovirus hanno rivelato un’associazione inversa graduale tra durata media del sonno e suscettibilità allo sviluppo di sintomi (Cohen S et al., 2009). I soggetti con meno di sette ore di sonno avevano quasi tre volte più probabilità di sviluppare un raffreddore rispetto a quelli con otto o più ore di sonno (Prather AA et al. 2015).
Il meccanismo non è completamente compreso. Alcuni studi hanno dimostrato cambiamenti significativi nei marcatori immunitari, come la diminuzione della proliferazione dei linfociti dopo privazione del sonno (Wilder-Smith A et al., 2013).
Stagionalità e raffreddore
Le infezioni da virus respiratori sono presenti tutto l’anno, ma l’incidenza varia con le stagioni. Durante la stagione fredda le infezioni sintomatiche sono più frequenti (Wyse CA et al., 2022). Anche se la stagionalità delle infezioni respiratorie fa parte del folklore e della cultura, le cause sottostanti rimangono in gran parte ignote.
Uno dei principali fattori stagionali è che in inverno l’aria inspirata è più fredda rispetto all’estate. È stata avanzata l’ipotesi che respirare aria fredda inibisca le difese locali contro l’infezione nelle vie aeree superiori rallentando la clearance mucociliare e l’attività dei leucociti (Eccles R, 2002).
Il ruolo del raffreddamento corporeo
Esiste una credenza ampiamente diffusa secondo la quale le infezioni respiratorie sono causate dal raffreddamento del corpo o dall’esposizione a correnti d’aria e umidità. In realtà esperimenti di laboratorio con virus del raffreddore e raffreddamento non sono riusciti a dimostrare alcun effetto dell’esposizione al freddo nel causare l’infezione (Helman CG, 1978).
Per la verità, la critica a questi esperimenti è che non sono rappresentativi di una situazione “reale”: i soggetti potrebbero ospitare un’infezione subclinica che può essere convertita in un’infezione clinica dal raffreddamento della superficie corporea.
Alcuni ricercatori hanno proposto che il raffreddamento della superficie corporea causi vasocostrizione riflessa dell’epitelio delle vie aeree. Ciò diminuirebbe la resistenza all’infezione e permettendo a un’infezione subclinica di diventare sintomatica (Mourtzoukou EG, Falagas ME, 2007).
Nutrizione
Una nutrizione povera con carenza di calorie, proteine e vitamine avrà un impatto sulla salute generale e sul funzionamento del sistema immunitario.
I bambini malnutriti nei paesi in via di sviluppo sono particolarmente suscettibili a morbilità e mortalità associate a infezioni respiratorie acute.
Vitamina C
Dal 1970, quando il premio Nobel Linus Pauling pubblicò un libro affermando che la vitamina C previene e allevia i sintomi del raffreddore comune, questo trattamento è diventato popolare (Pauling L, 1970).
Una meta-analisi del 2013 di 29 studi ha concluso che “il fallimento della supplementazione di vitamina C nel ridurre l’incidenza dei raffreddori nella popolazione generale indica che la supplementazione routinaria di vitamina C non è giustificata”. Tuttavia, la supplementazione regolare ha dimostrato di ridurre la durata dei raffreddori.
Vitamina D
Come la vitamina C, è diventata popolare come trattamento preventivo, ma le evidenze scientifiche sono controverse. Alcuni studi non mostrano benefici negli adulti sani, mentre altri riportano benefici specialmente in soggetti con carenza di vitamina D.
Esercizio fisico e raffreddore
L’esercizio moderato è stato ritenuto avere effetti benefici sul sistema immunitario, associato a meno giorni di malattia con raffreddore.
Per contro, l’esercizio intenso può avere effetti avversi sul sistema immunitario e aumentare l’incidenza del raffreddore negli atleti (Nieman DC, 2003). Tuttavia, una meta-analisi di undici studi non ha potuto determinare se l’esercizio sia efficace nell’alterare l’occorrenza, la gravità o la durata delle infezioni respiratorie acute (Grande AJ et al., 2015).
I meccanismi alla base della sintomatologia del raffreddore
Quando le vie respiratorie superiori vengono attaccate da un virus che causa il raffreddore, l’epitelio infetto tenta di eliminarlo scatenando una risposta immunitaria innata locale. È questa risposta a generare tutti i sintomi del raffreddore comune (Eccles R, 2023).

Tradotto da Eccles R. (2023). Common cold. Frontiers in allergy, 4, 1224988. https://doi.org/10.3389/falgy.2023.1224988
I sintomi prodromici ai primi segni di un raffreddore o influenza includono irritazione della gola, starnuti, brividi, febbre, mialgia, mal di testa e stanchezza.
Sintomi sistemici del raffreddore
I sintomi sistemici sono causati da “molecole segnale” chiamate citochine, prodotte come risposta all’infezione virale.
Come il corpo “riconosce” il virus: i recettori di riconoscimento di pattern (PRR)
Quando un virus entra nelle cellule delle vie respiratorie, non passa inosservato. Le nostre cellule epiteliali e immunitarie sono dotate di sensori molecolari chiamati recettori di riconoscimento di pattern (PRR). Questi recettori funzionano come “metal detector biologici” che identificano strutture molecolari tipiche dei patogeni, in particolare RNA e DNA virali. Questi acidi nucleici virali hanno caratteristiche strutturali diverse da quelli umani. Per esempio, l’RNA virale può essere a doppio filamento, cosa rara nelle cellule umane, dove l’RNA funzionale, come l’mRNA (l’RNA messaggero) è quasi sempre a filamento singolo. I PRR sono specificamente “programmati” per identificare queste differenze.
La cascata delle citochine
Una volta che i PRR “suonano l’allarme”, le cellule avviano una risposta a cascata rilasciando citochine, “messaggi chimici” che coordinano la risposta immunitaria. Le principali citochine sono:
- Interleuchine (IL-6, IL-8, IL-1β): prodotte da vari tipi di cellule immunitarie, soprattutto i leucociti (globuli bianchi). Ogni interleuchina ha ruoli specifici:
- l’Interleuchina-6 stimola la produzione di proteine della fase acuta e induce febbre;
- l’Interleuchina-8 richiama altre cellule immunitarie nel sito di infezione;
- l’Interleuchina-1β induce febbre e attiva altre cellule immunitarie.
- Fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α): nonostante il nome inquietante (deriva dal fatto che fu scoperto per la sua capacità di distruggere tumori), è una citochina chiave nell’infiammazione che amplifica la risposta immunitaria e contribuisce ai sintomi sistemici.
Come le citochine causano i sintomi del raffreddore
Una volta prodotte localmente nelle vie respiratorie, le citochine entrano nel flusso sanguigno e vengono trasportate in tutto il corpo. In questo modo agiscono come messaggeri a lunga distanza e dando luogo alla sintomatologia tipica del raffreddore:
- Febbre: IL-6, IL-1β e TNF-α raggiungono l’ipotalamo (il centro di controllo della temperatura nel cervello) e lo “riprogrammano” per aumentare la temperatura corporea. La febbre non è un difetto, ma una strategia difensiva: molti virus si replicano meno efficacemente a temperature elevate.
- Mal di testa: le citochine causano infiammazione dei vasi sanguigni cerebrali e aumentano la sensibilità dei recettori del dolore nelle meningi (le membrane che avvolgono il cervello).
- Dolori muscolari (mialgia): TNF-α e IL-6 inducono la degradazione delle proteine muscolari e aumentano la sensibilità dei recettori del dolore nei muscoli.
- Stanchezza e malessere: le citochine agiscono sul sistema nervoso centrale, alterando il metabolismo energetico e modificando l’attività di neurotrasmettitori come la serotonina e la dopamina.
- Cambiamenti dell’umore: l’infiammazione sistemica influisce sul cervello, potendo causare irritabilità, difficoltà di concentrazione e umore depresso durante l’infezione.
Anche se questi sintomi sono spiacevoli, rappresentano una strategia evolutiva importante: la febbre rende l’ambiente ostile per il virus, la stanchezza ci costringe a riposare preservando energia per il sistema immunitario, e i dolori muscolari ci scoraggiano dal muoverci troppo, riducendo il rischio di trasmettere l’infezione ad altri. È un sistema di “sickness behavior” (comportamento da malattia) programmato per ottimizzare il recupero.
Sintomi locali del raffreddore
I sintomi locali sono causati da mediatori infiammatori come bradichinina e prostaglandine.
Il ruolo della bradichinina nella sintomatologia del raffreddore
Quando i virus infettano le cellule epiteliali delle vie respiratorie, queste cellule reagiscono rilasciando un enzima chiamato callicreina. Questo enzima funziona come una sorta di “forbice molecolare” che taglia una proteina normalmente presente nel nostro organismo, il chininogeno, trasformandola in bradichinina, la molecola attiva responsabile di molti sintomi.
La bradichinina agisce su tre fronti principali:
- Sui vasi sanguigni: fa dilatare i piccoli vasi e aumenta la loro permeabilità, permettendo a liquidi e cellule immunitarie di fuoriuscire nei tessuti circostanti. Questo processo causa la congestione nasale (per il gonfiore delle mucose) e il naso che cola (per la fuoriuscita di liquidi).
- Sui nervi del dolore: stimola direttamente i recettori del dolore presenti nelle mucose, causando mal di gola e bruciore e aumentando la sensibilità delle vie aeree.
- Sui riflessi nervosi: attiva i riflessi che scatenano starnuti e tosse, meccanismi di difesa dell’organismo per espellere gli agenti irritanti.
È interessante notare che la bradichinina può essere prodotta anche dal plasma sanguigno attraverso precursori chiamati precallicreina, creando un sistema di amplificazione della risposta infiammatoria.
Il ruolo delle prostaglandine nella sintomatologia del raffreddore
La struttura di un fosfolipide e la membrana cellulare
Le membrane di tutte le nostre cellule sono composte da fosfolipidi. I fosfolipidi di membrana sono molecole molto speciali, composte da:
- Una “testa” idrofila (che ama l’acqua): contiene un gruppo fosfato carico elettricamente, che attrae le molecole d’acqua
- Due “code” idrofobe (che odiano l’acqua): sono catene di acidi grassi che respingono l’acqua

Questa doppia natura, contemporaneamente idrofila e idrofoba, fa sì che i fosfolipidi, quando si trovano in ambiente acquoso (come nei nostri fluidi corporei), si organizzino spontaneamente in un doppio strato: le teste idrofile si posizionano verso l’esterno (a contatto con l’acqua), mentre le code idrofobe si nascondono all’interno, protette dall’acqua.
L’acido arachidonico
È proprio nelle code idrofobe dei fosfolipidi che si trova “nascosto” e integrato nella struttura della membrana cellulare l’acido arachidonico, una molecola grassa normalmente “intrappolata” e inattiva.
Quando un virus infetta le cellule epiteliali, il danno cellulare attiva enzimi chiamati fosfolipasi che “liberano” l’acido arachidonico dai fosfolipidi di membrana.
Una volta libero, l’acido arachidonico entra in una sorta di “catena di montaggio” biochimica, chiamata “cascata dell’acido arachidonico”.
Viene catturato da enzimi specifici chiamati cicloossigenasi (COX), di cui esistono due forme principali: COX-1 e COX-2. Questi enzimi trasformano l’acido arachidonico in una famiglia di molecole chiamate prostaglandine, ognuna con ruoli specifici nell’infiammazione e nei sintomi del raffreddore. È interessante notare che farmaci comuni come aspirina e ibuprofene, i cosiddetti FANS, funzionano proprio bloccando questi enzimi cicloossigenasi, interrompendo così la produzione di prostaglandine alla fonte.
La prostaglandina E2 (PGE2) nella sintomatologia del raffreddore
La prostaglandina E2 (PGE2) è la più abbondante durante le infezioni virali respiratorie ed è la principale mediatrice dei sintomi. Agisce in modi molteplici:
- Sui vasi sanguigni: provoca vasodilatazione e aumento della permeabilità vascolare, contribuendo alla congestione nasale e alla produzione di muco.
- Sui nervi del dolore: sensibilizza i recettori del dolore (non li attiva direttamente, ma li rende più reattivi), amplificando la sensazione di mal di gola.
- Sul riflesso della tosse: stimola i recettori della tosse nelle vie aeree, abbassando la “soglia” necessaria per scatenare il riflesso.
- Sulla febbre: quando raggiungono il cervello attraverso il flusso sanguigno, agiscono sull’ipotalamo (il “termostato” del corpo) innalzando la temperatura corporea.
- Sui sintomi sistemici: insieme alle citochine, contribuiscono a generare mal di testa, dolori muscolari e senso di malessere generale.
Questo meccanismo spiega perfettamente perché i farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) come ibuprofene e aspirina sono efficaci contro i sintomi del raffreddore: bloccando le cicloossigenasi, impediscono la produzione di prostaglandine e quindi riducono infiammazione, dolore e febbre.
Raffreddore o allergia? Come distinguerli
Anche se naso che cola, starnuti e congestione possono sembrare identici, raffreddore e allergia sono due condizioni completamente diverse dal punto di vista biologico. Capire questa differenza è importante non solo per curiosità scientifica, ma soprattutto per scegliere la cura giusta.
I messaggeri chimici fanno la differenza
La distinzione fondamentale sta nei mediatori chimici che il nostro corpo rilascia.
Nell’allergia, quando il sistema immunitario incontra un allergene come il polline o gli acari della polvere, i mastociti liberano grandi quantità di istamina. Questa sostanza è responsabile di tutti quei sintomi fastidiosi che conosciamo bene: provoca la dilatazione dei vasi sanguigni (da cui la congestione), stimola la produzione di muco acquoso e, soprattutto, scatena quel prurito caratteristico a naso, occhi e gola.
Nel raffreddore, invece, quando un virus infetta le cellule delle vie respiratorie, l’organismo risponde rilasciando prostaglandine e bradichinina. Questi mediatori dell’infiammazione causano sintomi diversi: provocano dolore e sensazione di bruciore piuttosto che prurito, e sono responsabili di febbre, malessere generale e dolori muscolari, sintomi che nell’allergia non compaiono mai.
I segnali che aiutano a distinguere
Il prurito intenso è il grande indizio dell’allergia. Se avvertite quella sensazione di “pizzicore” insistente al naso, accompagnata da occhi che lacrimano e prudono, state quasi certamente affrontando una reazione allergica. Non c’è febbre, ne’ dolori muscolari.
Il raffreddore, al contrario, si presenta con mal di gola che brucia, una sensazione di dolore alle vie aeree e, specie nei bambini, spesso febbre.
Anche la tempistica è rivelatrice: l’allergia si manifesta rapidamente dopo l’esposizione all’allergene, talvolta in pochi minuti, con starnuti ripetuti e abbondante lacrimazione. Il raffreddore ha un’evoluzione più graduale, sviluppandosi nell’arco di uno o due giorni dopo il contatto con il virus.
I trattamenti per il raffreddore: le terapie sintomatiche
Il raffreddore comune, come visto, è causato da una vastissima gamma di virus: oltre 200 sierotipi diversi, tra cui rinovirus, coronavirus, virus respiratorio sinciziale e adenovirus. Questa estrema diversità virale spiega perché non esiste una cura specifica o un vaccino universale. La gestione dei sintomi, perciò, resta l’approccio principale.
I trattamenti più comuni rientrano nella categoria del sollievo sintomatico. Questi farmaci non combattono direttamente il virus né accelerano la guarigione, che avviene spontaneamente in 7-10 giorni. Possono però migliorare significativamente il comfort e la qualità della vita durante il decorso naturale della malattia.
Analgesici e antipiretici: per la febbre, il mal di testa e i dolori
Paracetamolo (acetaminofene).
Agisce principalmente a livello centrale, nel cervello, dove inibisce la produzione di prostaglandine nell’ipotalamo, il centro di controllo della temperatura corporea, “resettando” il termostato. Contemporaneamente riduce la percezione del dolore agendo sui recettori del dolore nel sistema nervoso centrale. Ha uno scarso effetto anti-infiammatorio periferico, risultando quindi efficace per febbre e dolore generalizzato ma meno per l’infiammazione locale delle vie respiratorie.
Attenzione: Il sovradosaggio di paracetamolo è estremamente pericoloso per il fegato. Non superare mai la dose massima giornaliera di 4 grammi per gli adulti.
Prestare inoltre estrema attenzione nel non assumerlo contemporaneamente ad altri farmaci che lo possano contenere (molti farmaci combinati per il raffreddore lo includono).
Ibuprofene e aspirina (FANS)
Questi farmaci anti-infiammatori non steroidei bloccano gli enzimi cicloossigenasi (COX-1 e COX-2) in tutto il corpo, impedendo la conversione dell’acido arachidonico in prostaglandine. Ricordate la “catena di montaggio biochimica” (la cascata dell’acido arachidonico) di cui abbiamo parlato? Questi farmaci la bloccano alla fonte.
Riducendo le prostaglandine, diminuiscono infiammazione, dolore e febbre sia a livello locale (nelle vie respiratorie) che sistemico. L’ibuprofene è generalmente più selettivo per la COX-2 e meglio tollerato a livello gastrico, mentre l’aspirina ha anche effetti anticoagulanti.
Attenzione: L’uso di FANS nei primi giorni di malattie virali acute (come l’influenza) può mascherare i sintomi e, in alcuni casi, prolungare la durata della malattia. Possono inoltre causare effetti collaterali gastrointestinali e sono sconsigliati in presenza di problemi gastrici, renali o cardiovascolari senza consulto medico.
Approfondimento consigliato: Per una guida completa su come scegliere e utilizzare in sicurezza paracetamolo, ibuprofene e altri farmaci antinfiammatori, con tutte le avvertenze, le interazioni e i consigli pratici per un uso responsabile, ti consigliamo di leggere il nostro articolo dedicato: Antinfiammatori e Antidolorifici: una Guida Pratica per Scegliere Bene e Usarli in Sicurezza.
Decongestionanti: per la congestione nasale
Come funzionano i simpaticomimetici
Ossimetazolina, xilometazolina, fenilefrina e pseudoefedrina sono chiamati “simpaticomimetici” perché imitano l’azione dell’adrenalina, il neurotrasmettitore del sistema nervoso simpatico. Stimolano i recettori alfa-adrenergici presenti sui muscoli lisci dei vasi sanguigni nasali, causando vasocostrizione, cioè il restringimento dei vasi della mucosa nasale.
La congestione nasale che sperimentiamo durante il raffreddore è causata dalla dilatazione dei vasi sanguigni e dal conseguente gonfiore dei tessuti delle mucose nasali. Restringendo i vasi, questi farmaci riducono il flusso sanguigno nelle mucose, sgonfiandole e liberando il passaggio dell’aria.
Forme di somministrazione
Le forme spray o gocce nasali (ossimetazolina, xilometazolina) agiscono localmente con effetto rapido e potente. Le compresse orali (fenilefrina, pseudoefedrina) hanno un’azione sistemica più lenta ma prolungata.
State attenti! Gli spray nasali decongestionanti non devono essere usati per più di 3-5 giorni consecutivi. L’uso prolungato causa un fenomeno chiamato “rinite da rimbalzo” o “rinite medicamentosa”: alla sospensione del farmaco, i vasi si dilatano in modo compensativo, provocando una congestione peggiore di quella iniziale e innescando un circolo vizioso di dipendenza dal farmaco.
Anticolinergici e antistaminici: per il naso che cola e gli starnuti
Anticolinergici
Farmaci come l’ipratropio bromuro (spray nasale) bloccano l’acetilcolina, un neurotrasmettitore che stimola le ghiandole mucose a produrre secrezioni. Sono chiamati “anticolinergici” perché antagonizzano i recettori colinergici presenti sulle ghiandole secretorie. Riducendo l’attività di queste ghiandole, diminuiscono la produzione di muco acquoso che causa il classico “naso che cola”.
Antistaminici sedativi di prima generazione
Difenidramina, clorfeniramina e doxilamina bloccano i recettori H1 dell’istamina. Anche se l’istamina non è il mediatore principale nel raffreddore virale (lo è invece nell’allergia), questi antistaminici di “prima generazione” possiedono anche forti proprietà anticolinergiche secondarie, che sono le principali responsabili dell’effetto di “asciugamento” delle secrezioni nasali.
Effetto collaterale importante: causano sedazione significativa perché attraversano la barriera ematoencefalica. La sonnolenza può essere utile per dormire durante il raffreddore ma è pericolosa durante il giorno per chi deve lavorare, guidare o usare macchinari.
Questi stessi farmaci sono efficaci anche contro gli starnuti, poiché bloccano parzialmente i riflessi nervosi che li causano, attraverso la loro azione anticolinergica e il loro effetto sul sistema nervoso centrale.
Antitussivi: per la tosse
Destrometorfano
Questo principio attivo agisce a livello centrale, nel centro della tosse situato nel midollo allungato, la parte bassa del cervello che controlla molti riflessi automatici. Il destrometorfano innalza la “soglia” necessaria per attivare il riflesso della tosse, rendendolo meno sensibile agli stimoli.
È particolarmente utile per la tosse secca e stizzosa (improduttiva), cioè senza produzione di catarro, quindi fastidiosa ma non utile per eliminare secrezioni. Sopprimendo il riflesso a livello centrale, il destrometorfano riduce gli accessi di tosse soprattutto notturni, permettendo un riposo migliore.
È interessante notare che il destrometorfano è strutturalmente correlato agli oppioidi ma non ha effetti analgesici significativi né provoca dipendenza alle dosi terapeutiche raccomandate.
Antistaminici sedativi
Oltre a ridurre le secrezioni nasali, farmaci come la difenidramina hanno un lieve effetto antitussivo centrale e causano sedazione che aiuta a dormire nonostante la tosse, offrendo un duplice beneficio durante le ore notturne.
I trattamenti per il raffreddore: Terapie complementari e di supporto
I trattamenti che supportano o potenziano il sistema immunitario consistono in un’ampia gamma di vitamine, minerali, probiotici e medicinali erboristici, per i quali le prove di efficacia sono variabili e spesso controverse.
Echinacea e Pelargonium sidoides: Sono tra i rimedi erboristici più studiati per il raffreddore. Alcune metanalisi suggeriscono un possibile effetto modesto nel ridurre la durata o la gravità dei sintomi. Tuttavia i risultati degli studi sono eterogenei e la rilevanza clinica è dibattuta (Jawad M et al., 2012).
Zinco (acetato o gluconato): Se assunto entro 24 ore dall’esordio dei sintomi sotto forma di losanghe, alcune metanalisi indicano che può ridurre la durata media del raffreddore di circa 1-2 giorni. Può causare effetti collaterali come nausea e sapore metallico.
Vitamina C: L’assunzione regolare (non al bisogno) può ridurre di una modesta percentuale la durata del raffreddore nella popolazione generale, ma l’effetto è più marcato in soggetti sottoposti a intenso stress fisico, come gli atleti.
Iota-carragenina: Questo polisaccaride derivato dalle alghe, utilizzato in spray o gel nasali, è oggetto di studio. Si ipotizza che formi una barriera fisica sulla mucosa nasale, ostacolando l’adesione e l’ingresso dei virus nelle cellule. Studi clinici preliminari mostrano una riduzione della carica virale e della severità dei sintomi, ma le evidenze necessitano di ulteriore conferma su larga scala (Eccles R, 2020; Bichiri D et al., 2021).
Il mercato dell’automedicazione
L’ampia disponibilità di farmaci sintomatici senza obbligo di prescrizione (da banco) alimenta un vasto mercato. Il settore dei prodotti per la tosse e il raffreddore vale oltre settanta miliardi di dollari a livello globale nel 2023.
Questa diffusissima pratica dell’autodiagnosi e dell’automedicazione sottolinea l’importanza cruciale di un uso informato e consapevole da parte dei consumatori, nel rispetto delle dosi, delle controindicazioni e della durata di trattamento indicate, prestando particolare attenzione alle avvertenze sui farmaci combinati che possono contenere gli stessi principi attivi in diverse formulazioni.
Morbilità del comune rafreddore
Tutti i virus respiratori possono causare, il più delle volte, una sindrome da raffreddore comune con sintomi lievi. Tuttavia, queste stesse infezioni possono evolvere in patologie più gravi delle basse vie respiratorie (Simonsen L, 1999). Con l’avvento di nuovi test diagnostici più precisi, è diventato evidente che ogni infezione virale respiratoria comporta un potenziale rischio di complicanze, morbilità e, nei casi più gravi, mortalità.
I virus respiratori possono causare una gamma di problemi come otite media, sinusite, bronchiolite, polmonite ed esacerbazione di malattie croniche respiratorie come asma, bronchite e broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).
Il virus respiratorio sinciziale (RSV)
L’RSV causa sintomi da raffreddore comune, ma l’infezione contratta agli estremi della vita (neonati e anziani) può diventare una causa significativa di morbilità e mortalità. L’infezione non conferisce un’immunità prolungata, rendendo le reinfezioni un evento comune durante tutta la vita
L’RSV è il patogeno più comune identificato nei neonati e nei bambini piccoli con infezioni acute delle basse vie respiratorie. Nel 2015 si stimavano 33,1 milioni di episodi con 3,2 milioni di ricoveri ospedalieri in tutto il mondo con oltre 11.800 decessi (Li Y et al., 2022).
Dati più recenti indicano un decesso ogni 50 attribuibile all’infezione da RSV nei bambini di età 0-60 mesi e un decesso ogni 28 per i bambini di età 28 giorni-6 mesi (Li Y et al., 2022).
L’RSV causa anche un carico sostanziale di malattia in chi ha più di 65 anni. Le stime indicano che, a livello globale, l’RSV è responsabile di centinaia di migliaia di ricoveri ogni anno in questa fascia di età (Kenmoe S. et al., 2024). Una meta-analisi del 2020 ha stimato che nel 2015 si siano verificati circa 336,000 ricoveri e 14,000 morti ospedaliere attribuibili direttamente all’RSV tra gli anziani in tutto il mondo (Shi T. et al., 2020).
I rinovirus: più di un semplice fastidio
I rinovirus sono la causa più comune del raffreddore comune e in passato sono stati considerati più un fastidio che una malattia grave. Tuttavia, con i progressi nell’identificazione dei virus, ci sono prove crescenti che i rinovirus siano responsabili di notevole morbilità e mortalità, specialmente per quanto riguarda l’esacerbazione dell’asma.
È diventato evidente che i virus respiratori che si credeva fossero limitati alle infezioni delle vie respiratorie superiori a causa della sensibilità alla temperatura sono una causa comune di infezioni delle basse vie respiratorie (Papadopoulos NG et al., 2004).
Vaccini contro il raffreddore
Anche se comunemente considerato come una singola malattia, il raffreddore, come più volte detto, è una patologia ben più complessa. L’enorme varietà di virus respiratori coinvolti (oltre 200 sierotipi diversi) lo rende una delle sfide più difficili della medicina moderna.
Non sorprende quindi che lo sviluppo di vaccini per i virus respiratori si sia concentrato su quelli più frequentemente associati a complicanze gravi e mortalità: influenza e virus respiratorio sinciziale (RSV).
Vaccini contro l’influenza
I vaccini contro l’influenza sono stati sviluppati negli anni ’40 come virus inattivato somministrato per iniezione. Negli anni successivi sono stati sviluppati vaccini intranasali con virus vivi attenuati, utilizzati nei bambini (Barberis I et al., 2016).
Approfondimento consigliato: Per saperne di più, ti consigliamo di leggere il nostro articolo dedicato: Influenza: sintomi, cause, prevenzione e cure. Tutto quello che devi sapere per affrontarla al meglio.
Vaccini contro il virus respiratorio sinciziale (RSV)
I tentativi di sviluppare un vaccino per l’RSV hanno avuto risultati inizialmente fallimentari, con vaccini che paradossalmente causavano malattie più gravi nei neonati infetti. Tuttavia, ricerche recenti hanno finalmente portato a risultati concreti: nel 2023 sono stati approvati i primi vaccini RSV sia negli Stati Uniti che in Europa.
La Commissione Europea ha infatti autorizzato nel 2023 due vaccini per adulti over 60 (Arexvy di GSK e Abrysvo di Pfizer), seguiti nel 2024 dal primo vaccino a mRNA (mResvia di Moderna). In Italia, l’AIFA ha recepito queste autorizzazioni e nella stagione 2024-2025 diverse regioni hanno avviato programmi di immunoprofilassi per neonati e anziani, sebbene con disomogeneità territoriali nell’offerta.
La pandemia di SARS-CoV-2 ha causato un grande aumento dell’interesse nella ricerca sui vaccini e i vaccini a RNA sviluppati per COVID-19 potrebbero fornire la tecnologia per lo sviluppo di altri vaccini per virus respiratori a RNA come i rinovirus.
Conclusioni: il raffreddore è un nemico da non sottovalutare
Il raffreddore comune, come visto, è una delle patologie più familiari e apparentemente banali, eppure nasconde una complessità biologica straordinaria. Non si tratta di un’unica malattia con un singolo agente causale, ma di una sindrome che può essere scatenata da centinaia di sierotipi virali diversi, ciascuno con le proprie caratteristiche e capacità di evoluzione.
Questa familiarità è anche un’arma a doppio taglio: proprio perché tutti sperimentiamo regolarmente i sintomi del raffreddore, tendiamo a sottovalutarne le potenziali conseguenze. Quella che inizia come una semplice rinite può evolvere in infezioni delle basse vie respiratorie con gravi complicanze, soprattutto nelle popolazioni vulnerabili come neonati, anziani e persone immunocompromesse.
La pandemia di COVID-19 ha rappresentato una svolta inattesa nella ricerca sui virus respiratori, catalizzando investimenti e attenzione scientifica senza precedenti. Questa accelerazione ha portato non solo a nuove tecnologie vaccinali, ma anche a una comprensione più profonda dei meccanismi di infezione e trasmissione virale. Un’ipotesi intrigante che emerge dagli studi più recenti è che SARS-CoV-2, con l’aumentare dell’immunità di popolazione a livello globale, potrebbe seguire un percorso evolutivo simile ad altri coronavirus e “attenuarsi” fino a diventare un ulteriore agente del comune raffreddore, aggiungendosi alla lunga lista di virus che già conosciamo.
Il raffreddore comune ci ricorda che anche le malattie più comuni meritano attenzione scientifica e rispetto: dietro sintomi apparentemente semplici si celano meccanismi molecolari sofisticati e implicazioni significative per la salute pubblica globale.
Studio di riferimento
Questo articolo è basato su una revisione scientifica del 2023 condotta dal Professor Ronald Eccles e pubblicata sulla rivista scientifica Frontiers in Allergy:
Eccles R. (2023). Common cold. Frontiers in allergy, 4, 1224988. https://doi.org/10.3389/falgy.2023.1224988
Il Professor Eccles è uno dei massimi esperti mondiali in materia di vie respiratorie superiori e delle patologie che le interessano, con particolare riferimento al raffreddore comune e alle allergie respiratorie.
Ha fondato nel 1988 il Common Cold Centre presso l’Università di Cardiff, un centro di eccellenza internazionale dedicato alla ricerca clinica e allo sviluppo di nuovi trattamenti per raffreddore, influenza e tosse. Il centro ha operato fino al marzo 2017, diventando punto di riferimento mondiale per gli studi sui disturbi delle vie respiratorie superiori.
Le sue aree di specializzazione comprendono i meccanismi fisiopatologici della tosse, del mal di gola, della congestione nasale e dei sintomi associati a raffreddore e influenza.
Attualmente continua a essere una voce autorevole nel panorama scientifico internazionale, tenendo conferenze in tutto il mondo sui trattamenti per le infezioni respiratorie.



