
Il drammatico aumento dei disturbi neurodegenerativi è una delle nuove problematiche dovute all’invecchiamento della popolazione mondiale. Fortunatamente la ricerca scientifica ha identificato nell’acido alfa-lipoico (ALA) un potente alleato terapeutico contro queste patologie. Questo antiossidante unico, capace di attraversare la barriera emato-encefalica, ha dimostrato efficacia clinica nella malattia di Alzheimer, nella sclerosi multipla e nel dolore cronico di origine sconosciuta. A differenza dei farmaci tradizionali, l’ALA agisce simultaneamente contro stress ossidativo, infiammazione neuronale e accumulo di proteine tossiche, offrendo una strategia terapeutica sicura ed efficace per milioni di pazienti che affrontano queste patologie devastanti.
L’incremento dei disturbi neurodegenerativi da invecchiamento
L’aumento dell’aspettativa di vita ha portato con sé una nuova problematica medica: l’incremento significativo dell’incidenza dei disturbi neurodegenerativi a livello mondiale.
Secondo il Rapporto Mondiale Alzheimer 2024, in Italia si contano circa 1.480.000 persone con demenza, di cui circa 600.000 con Alzheimer, e le proiezioni indicano che entro il 2050 il numero salirà a 2,3 milioni.
Le terapie tradizionali offrono risultati limitati e spesso si limitano a rallentare la progressione senza affrontare le cause profonde del danno neuronale.
In questo panorama complesso, emerge un composto dalle proprietà straordinarie: l’acido alfa-lipoico (ALA), un antiossidante unico nel suo genere che sta rivoluzionando l’approccio terapeutico a queste patologie devastanti.
A differenza dei farmaci convenzionali che agiscono su singoli bersagli, l’ALA combatte simultaneamente stress ossidativo, infiammazione neuronale e accumulo di proteine tossiche, tre fattori chiave nella neurodegenerazione. La sua capacità di attraversare la barriera emato-encefalica lo rende particolarmente efficace nel raggiungere direttamente i tessuti nervosi danneggiati.
Che cos’è l’acido alfa-lipoico?
L’acido alfa-lipoico rappresenta un antiossidante eccezionale. Potete trovare una descrizione esauriente nel mio articolo “Acido Alfa-Lipoico: La Molecola che Rivoluziona il Concetto di Antiossidante” a questo link.
Tra le tante proprietà di questa molecola, quella che la rende quasi unica nel mondo della biochimica è la sua capacità di essere contemporaneamente solubile sia in acqua che nei grassi: vale a dire la sua natura anfifila.
Questa caratteristica straordinaria gli consente di attraversare facilmente la barriera emato-encefalica, raggiungendo efficacemente il sistema nervoso centrale dove può esercitare la sua azione protettiva.
Acido alfa-lipoico e Alzheimer
Il Meccanismo della Malattia
La malattia di Alzheimer rappresenta la forma più comune di demenza caratterizzata da una graduale perdita della funzione neuronale, che si sviluppa principalmente con l’invecchiamento e che compromette gravemente le funzioni cognitive e comportamentali.
Il processo patologico è innescato principalmente da uno squilibrio tra la formazione e la clearance della proteina beta-amiloide (Aβ), caratterizzato dall’accumulo di placche neuritiche anomale e grovigli neurofibrillari di proteina tau iperfosforilata.
Cos’è la proteina beta-amiloide (Aβ)?
Nel nostro cervello esiste normalmente una proteina chiamata APP (Amyloid Precursor Protein, proteina precursore dell’amiloide) che attraversa la membrana dei neuroni. Questa proteina ha funzioni fisiologiche normali: aiuta le cellule nervose ad aderire tra loro e alla matrice extracellulare, mantenendo la struttura del tessuto nervoso, funziona come “trasportatore” che muove altre proteine lungo i neuroni, dalla zona del corpo cellulare verso le estremità (assoni), influenza la plasticità sinaptica, cioè la capacità delle sinapsi di modificarsi in risposta all’attività (fondamentale per apprendimento e memoria), e infine, in condizioni normali, quando viene scissa correttamente, produce frammenti con proprietà neuroprotettive.
Il processo patologico dell’Alzheimer
In condizioni normali, esistono due vie di scissione proteolitica della proteina precursore dell’amiloide APP (Zhao, J. et al, 2020):
- Non-amiloidogenica: scissione dovuta a α-secretasi → il taglio di APP avviene in un punto “buono”, producendo frammenti solubili (sAPPα, p3) non tossici e non amiloidogenici.
- Amiloidogenica: scissione dovuta a β-secretasi (BACE1, taglia APP all’esterno della membrana) seguita da γ-secretasi (taglia dentro la membrana) → genera frammenti beta-amiloide Aβ di diversa lunghezza.
Cosa succede nell’Alzheimer?
Nell’Alzheimer si verifica uno spostamento verso la via amiloidogenica, per una aumentata attività di β-secretasi (BACE1) e di γ-secretasi nei confronti di APP, o per modifiche genetiche che cambiano il modo in cui γ-secretasi taglia APP, alterando il sito di taglio.
Questo produce frammenti proteici anomali di lunghezze diverse chiamati peptidi beta-amiloide (Aβ), principalmente composti da 40 amminoacidi (Aβ40, più comune e meno tossico) o da 42 aminoacidi (Aβ42, meno comune ma molto più tossico).
I peptidi Aβ42 sono considerati i principali “colpevoli” nella patogenesi della malattia: sono molto più idrofobici,sono particolarmente “appiccicosi” e tendono ad aggregarsi molto più facilmente.
Quale problema crea questo accumulo?
- Questi frammenti Aβ, in condizioni fisiologiche, devono essere eliminati dal cervello: esistono appositi meccanismi di clearance, cioè di degradazione enzimatica, fagocitosi microgliale, trasporto attraverso la barriera emato-encefalica verso il sangue, sistema glinfatico ecc.)
- Nell’Alzheimer, c’è uno squilibrio: si producono troppi frammenti o non vengono eliminati abbastanza velocemente
- I peptidi beta -amiloide Aβ42, come detto più “appiccicosi”, iniziano ad accumularsi e ad aggregarsi formando prima oligomeri (piccoli gruppi), poi fibrille, infine le placche amiloidi visibili al microscopio caratteristiche dell’Alzheimer.
Perché i peptidi beta-amiloide sono tossici?
I peptidi beta-amiloide Aβ, soprattutto nella forma Aβ42 e nei loro aggregati solubili (oligomeri), esercitano diversi effetti dannosi sui neuroni:
- Tossicità diretta: interagiscono con le membrane neuronali alterandone la stabilità.
- Neuroinfiammazione: attivano la microglia e gli astrociti, che rilasciano mediatori infiammatori.
- Stress ossidativo: aumentano la produzione di radicali liberi, danneggiando lipidi, proteine e DNA.
- Disfunzione sinaptica: interferiscono con la trasmissione dei segnali tra i neuroni.
- Danno mitocondriale: compromettono la funzione delle “centrali energetiche” cellulari, riducendo la produzione di ATP.
Nell’Alzheimer anche alcuni metalli giocano un ruolo importante
Un aspetto rilevante della patogenesi dell’Alzheimer è il coinvolgimento di alcuni ioni metallici di transizione, come rame, ferro, manganese e zinco (Wang, P. et al, 2017).
Questi elementi, normalmente necessari per il funzionamento neuronale, in condizioni di squilibrio si accumulano nelle aree ricche di depositi di beta-amiloide. Qui possono:
- legarsi ai peptidi Aβ, favorendone l’aggregazione (fanno “incollare” più facilmente i frammenti di Aβ);
- catalizzare reazioni redox che generano ROS, cioè le specie reattive dell’ossigeno, tossiche (stress ossidativo), in particolare nei mitocondri;
- contribuire così al danno neuronale e al processo degenerativo.
L’Azione Neuroprotettiva dell’ALA
L’acido α-lipoico è una molecola anfifila, cioè è sia idrosolubile che liposolubile, e questo gli permette di attraversare facilmente la barriera emato-encefalica, raggiungendo quindi il sistema nervoso centrale.
Queste caratteristiche, insieme alle sue proprietà chelanti e mitocondrioprotettive, lo rendono un potenziale agente terapeutico nell’Alzheimer.
La ricerca sperimentale ha evidenziato che l’ALA è in grado di:
- Proteggere i neuroni ippocampali in colture primarie dalla tossicità indotta sia dai peptidi Aβ, sia dallo stress ossidativo mediato dal sistema ferro/perossido di idrogeno (Fe/H₂O₂).
- Favorire la rimozione dei peptidi Aβ dalle aree corticali grazie alle sue proprietà chelanti sui metalli. Studi in vivo su modelli murini di Alzheimer hanno confermato la capacità dell’ALA di facilitare l’estrazione di Aβ dalla corteccia frontale.
- Migliorare la funzione mitocondriale nella microglia, agendo sia come cofattore enzimatico mitocondriale, sia come antiossidante. In presenza di Aβ, infatti, l’attivazione microgliale causa danno mitocondriale, aumento di ROS, riduzione delle riserve energetiche e perdita del potenziale di membrana — processi che l’ALA è in grado di contrastare.
I risultati clinici sembrano promettenti
Gli studi clinici condotti dal team di Hager hanno fornito risultati incoraggianti.
- In una prima ricerca (Hager, K. et al, 2010), nove pazienti con probabile Alzheimer, già in terapia con inibitori delle colinesterasi, hanno ricevuto ALA (600 mg/die) per circa un anno. I risultati hanno mostrato una stabilizzazione delle funzioni cognitive, evidenziata da punteggi costanti in test neuropsicologici standardizzati come il Mini-Mental State Examination.
- Il secondo studio, più ampio (Hager, K. et al, 2007), ha coinvolto 43 pazienti con demenza lieve-moderata trattati con ALA (600 mg/die) per due anni. I risultati hanno dimostrato che la progressione della malattia nei pazienti trattati con ALA è significativamente inferiore rispetto a quella dei pazienti non trattati o trattati solo con inibitori delle colinesterasi.
Sebbene questi studi siano ancora limitati e preliminari, i risultati indicano che l’ALA potrebbe rappresentare un’opzione terapeutica “neuroprotettiva” promettente per l’Alzheimer e le demenze correlate.
Acido alfa-lipoico e Sclerosi Multipla
La sclerosi multipla (SM) rappresenta una delle patologie neurodegenerative più complesse del sistema nervoso centrale, caratterizzata da un’evoluzione clinica spesso imprevedibile.
Un aspetto particolarmente significativo riguarda la progressione naturale della malattia:
entro due decenni dalla diagnosi iniziale, la maggior parte dei pazienti affetti da sclerosi multipla recidivante-remittente (RRMS) sviluppa la forma progressiva secondaria (SPMS).
Questa transizione segna un cambiamento fondamentale nel decorso della patologia, con implicazioni profonde per la qualità di vita dei pazienti e per le strategie terapeutiche da adottare.
La fisiopatologia della Slerosi Multipla Progressiva Secondaria
Brevemente, la forma progressiva secondaria della sclerosi multipla presenta una complessità fisiopatologica che coinvolge 4 meccanismi patogenetici chiave:
- La disfunzione mitocondriale rappresenta uno dei pilastri del danno neuronale nella SPMS. I mitocondri, centrali energetiche delle cellule, subiscono alterazioni funzionali che compromettono la produzione di energia necessaria per la sopravvivenza neuronale. Questo deficit energetico rende i neuroni particolarmente vulnerabili agli insulti ossidativi e infiammatori (Barcelos, I. P. et al, 2019, Wang, PF. et al, 2024).
- L’attivazione microgliale costituisce un secondo meccanismo fondamentale. La microglia, cioè le cellule immunitarie residenti nel sistema nervoso centrale, quando cronicamente attivate producono sostanze pro-infiammatorie e specie reattive dell’ossigeno che danneggiano progressivamente il tessuto nervoso circostante (Distéfano-Gagné, F. et al, 2023, van Olst, L. et al, 2021)
- L’interruzione endoteliale vascolare compromette l’integrità della barriera emato-encefalica, facilitando l’infiltrazione di cellule infiammatorie e alterando il microambiente cerebrale. Questo processo contribuisce alla perpetuazione del danno tissutale.
- Infine, gli effetti dei tessuti linfoidi meningei rappresentano una scoperta relativamente recente ma di grande rilevanza. Queste strutture immunitarie ectopiche, che si formano nelle meningi, mantengono un’infiammazione locale cronica che alimenta la neurodegenerazione sottostante (Pikor, NB et al, 2016, Ransohoff, RM, 2023)
La conseguenza inevitabile di questi processi fisiopatologici è una progressiva neurodegenerazione accompagnata da un’accelerazione dell’atrofia cerebrale.
La perdita di volume cerebrale riflette la morte neuronale e la distruzione della sostanza bianca, traducendosi in deficit cognitivi, motori e sensoriali progressivamente invalidanti.
Effetti dell’acido alfa-lipoico nella Sclerosi Multipla
In questo contesto fisiopatologico complesso, l’acido alfa-lipoico (LA) emerge come una molecola di particolare interesse terapeutico.
- Agisce come potente scavenger dei radicali liberi, neutralizzando le specie reattive dell’ossigeno che contribuiscono al danno neuronale.
- La sua capacità di chelazione degli ioni metallici previene reazioni ossidative dannose catalizzate da metalli di transizione.
- Inoltre stimola la rigenerazione del glutatione intracellulare, uno dei più importanti sistemi antiossidanti endogeni, e partecipa alla riparazione del danno ossidativo subito da proteine, lipidi e acidi nucleici.
Effetti sui mitocondri e sulla sintesi degli acidi nucleici
A livello mitocondriale, l’acido lipoico agisce come cofattore essenziale per il complesso piruvato deidrogenasi, enzima chiave del metabolismo energetico ossidativo. Questa funzione è particolarmente rilevante nella Slerosi Multipla Progressiva Secondaria, dove la disfunzione mitocondriale costituisce uno dei meccanismi patogenetici primari (Lipoic acid | MS Trust
L’acido alfa-lipoico favorisce la sintesi degli acidi nucleici, supportando i processi di riparazione cellulare.
Effetti sulla Segnalazione Cellulare
L’acido alfa-lipoico esercita diverse azioni a livello della segnalazione intracellulare:
- Via PKB/Akt: modula questa via di segnalazione fondamentale per l’integrità endoteliale vascolare, contrastando la disfunzione della barriera emato-encefalica osservata nella Slerosi Multipla Progressiva Secondaria.
- Fattore Nrf2: attiva questo fattore di trascrizione che regola centralmente la risposta antiossidante cellulare, potenziando i sistemi di difesa cellulare endogeni contro lo stress ossidativo.
- Azione insulino-mimetica: migliora l’uptake del glucosio e il metabolismo energetico neuronale, particolarmente compromessi nella neurodegenerazione progressiva.
Risultati nella pratica clinica
A differenza di molti trattamenti immunomodulanti tradizionali, l’acido lipoico agisce su molteplici fronti simultaneamente. Combinando proprietà antiossidanti, neuroprotettive e metaboliche, contrasta i meccanismi neurodegenerativi tipici della forma progressiva.
Potrebbe perciò rappresentare un’opzione terapeutica complementare o alternativa per rallentare la progressione della disabilità in questa popolazione particolarmente difficile da trattare.
Un trial clinico randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo di fase II ha valutato l’effetto dell’ALA su questa forma di sclerosi multipla. Lo studio ha coinvolto 51 pazienti (età 40-70 anni): 27 hanno ricevuto ALA (1200 mg/die) e 24 un placebo. Dopo due anni di trattamento, i risultati hanno dimostrato una riduzione del 68% dei tassi di atrofia cerebrale nei pazienti trattati con ALA rispetto al placebo.
Acido alfa-lipoico e Dolore Cronico Idiopatico
La gestione del dolore cronico con eziologia sconosciuta rappresenta una delle problematiche più complesse della medicina moderna.
In assenza di una causa identificabile, l’approccio terapeutico si limita spesso a farmaci sintomatici. Questi, pur alleviando i sintomi, possono generare effetti collaterali significativi e compromettere la qualità di vita dei pazienti.
Se l’ALA è efficace nella neuropatia diabetica, lo è anche nella neuropatia in soggetti normoglicemici?
L’acido alfa-lipoico ha dimostrato un’efficacia scientificamente consolidata nel trattamento della neuropatia diabetica. Partendo da questa evidenza, è stato condotto uno studio innovativo per verificare se i benefici dell’ALA si estendessero anche ai pazienti normoglicemici affetti da dolore cronico di diversa origine.
Lo studio
Lo studio ha coinvolto 210 adulti normoglicemici (età compresa tra 18 e 75 anni, di entrambi i sessi) affetti da dolore cronico. La popolazione studiata era particolarmente eterogenea e rappresentativa della realtà clinica: 57 pazienti presentavano dolore neuropatico primario, 141 artralgia di eziologia sconosciuta e 12 mialgia idiopatica.
I partecipanti sono stati suddivisi in tre gruppi per studiare la relazione dose-effetto: il primo gruppo ha ricevuto 800 mg/giorno di ALA, il secondo 400 mg/giorno, mentre il terzo ha assunto placebo. Il protocollo prevedeva una valutazione iniziale e un controllo dopo due mesi di trattamento.
I risultati sorprendenti
I risultati dello studio hanno rivelato scoperte di notevole rilevanza clinica. L’integrazione con ALA ha dimostrato di ridurre significativamente l’intensità del dolore in modo dose-dipendente, con risultati positivi sia nell’artralgia di origine sconosciuta, sia nel dolore neuropatico primario, sia nella mialgia idiopatica.
Implicazioni cliniche
Questi risultati posizionano l’acido alfa-lipoico come un’alternativa terapeutica sicura e fattibile per il trattamento del dolore cronico, rappresentando un’alternativa agli analgesici tradizionali. La combinazione di efficacia clinica comprovata e profilo di sicurezza favorevole rende l’ALA particolarmente interessante per la gestione a lungo termine del dolore.
Il fatto che l’ALA sia efficace anche in pazienti normoglicemici con dolore di eziologia sconosciuta suggerisce che i suoi meccanismi d’azione vadano oltre il semplice controllo glicemico, confermando le sue proprietà antinfiammatorie, antiossidanti e neuroprotettive come fattori chiave nel controllo del dolore. Questo apre nuove prospettive terapeutiche per una condizione clinica che fino ad oggi ha offerto opzioni di trattamento limitate.
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Acido alfa-lipoico in combinazione sinergica con altri composti
Lo stress ossidativo causato dall’eccessiva produzione di radicali liberi rappresenta un denominatore comune in numerose patologie, specie se di origine multifattoriale. Tale constatazione ha orientato la ricerca scientifica verso l’uso di una combinazione di ALA con altri composti, principalmente con altri antiossidanti.
ALA e SOD nella Neuropatia Diabetica
La ricerca di Bertolotto e Massone del 2012 ha valutato l’efficacia del trattamento per via orale con una combinazione di ALA racemico (600mg/die) e superossido dismutasi (SOD, 140 UI/die) (ALA600 SOD®, Alfa Wassermann, Bologna, Italia), per 4 mesi in pazienti con diabete e con polineuropatia sensomotoria simmetrica diabetica.
La superossido dismutasi (SOD) è un enzima essenziale e ubiquitario che neutralizza l’anione superossido (O₂⁻), altamente reattivo, catalizzandone la conversione in perossido di idrogeno (H₂O₂). Quest’ultimo viene successivamente ridotto ad acqua (H₂O) nei mitocondri attraverso l’azione della glutatione perossidasi e della catalasi.
Nel tessuto nervoso periferico dei pazienti diabetici, i livelli di SOD risultano significativamente ridotti, compromettendo così la capacità di neutralizzare i radicali superossido e aggravando di conseguenza la formazione di radicali liberi.
Questo deficit enzimatico ha ripercussioni rilevanti non solo sul piano dello stress ossidativo, ma anche sul processo infiammatorio: la SOD svolge infatti un ruolo chiave nell’inibire la risposta infiammatoria, risultando strettamente correlata all’attenuazione dell’iperalgesia.
I risultati dello studio hanno mostrato che la combinazione di due potenti antiossidanti, come ALA e SOD, produce benefici significativi nei marcatori elettroneutrofici e nella percezione del dolore dopo 4 mesi di trattamento combinato. L’azione sinergica di ALA e SOD migliora sia la velocità di conduzione nervosa che il dolore percepito, con pochi o assenti effetti collaterali,
Torneremo su questo tema con un articolo dedicato.
Acido alfa-lipoico e Sindrome del Tunnel Carpale
Cos’è la sindrome del tunnel carpale?
La sindrome del tunnel carpale (CTS) è la mononeuropatia periferica più comune che si verifica quando il nervo mediano viene compresso mentre attraversa il tunnel carpale, uno stretto passaggio situato nel polso, tra le ossa carpali (le piccole ossa del polso) ed il legamento trasverso del carpo. All’interno di questo “tunnel” passano:
- Il nervo mediano, che innerva la parte palmare del pollice, dell’indice, del medio e di metà dell’anulare
- I tendini flessori delle dita, che permettono il movimento di chiusura della mano
Quali sono le cause di questa neuropatia?
Se lo spazio all’interno del tunnel carpale si riduce o i tessuti circostanti si gonfiano, il nervo mediano subisce una compressione. Questo può accadere per infiammazione dei tendini (tenosinovite), ritenzione idrica (comune in gravidanza), artrite o altre condizioni che modificano la struttura ossea, movimenti ripetitivi del polso o, infine, per predisposizione anatomica (tunnel carpale naturalmente più stretto).
Sintomi caratteristici e trattamento della CTS
La compressione del nervo mediano produce sintomi tipici:
- Formicolio e intorpidimento nelle prime tre dita e metà del quarto
- Dolore che può irradiarsi dal polso verso l’avambraccio
- Sintomi notturni particolarmente intensi (spesso i pazienti si svegliano con la mano “addormentata”)
- Debolezza nella presa degli oggetti nelle fasi avanzate
- Difficoltà nei movimenti fini della mano
La terapia farmacologica volta a ridurre e rettificare il danno nervoso può essere utilizzata per controllare la malattia nelle sue fasi iniziali, mentre la chirurgia viene eseguita solo nei casi più gravi.
Tra le diverse strategie terapeutiche conservative, l’integrazione con acido alfa-lipoico (ALA), potrebbe offrire benefici clinici soprattutto nelle fasi precoci della patologia.
L’associazione ALA + GLA nel trattamento della CTS
Uno studio condotto da Di Geronimo e collaboratori (2009) su 112 pazienti con sindrome del tunnel carpale (CTS) moderatamente grave ha confrontato gli effetti della supplementazione con:
- una preparazione multivitaminica B (vitamina B6 150 mg, vitamina B1 100 mg, vitamina B12 500 μg), rispetto ad
- un’associazione di ALA (600 mg/die) e acido gamma-linolenico (GLA, 360 mg/die).
Perchè l’associazione con l’acido gamma-linolenico GLA?
L’acido gamma-linolenico (GLA, dall’inglese Gamma-Linolenic Acid) è un acido grasso polinsaturo omega-6, appartenente alla famiglia degli acidi grassi essenziali.
In realtà, tecnicamente è considerato “semi-essenziale” perché l’organismo può sintetizzarlo a partire dall’acido linoleico (LA), un omega-6 essenziale che dobbiamo assumere con la dieta.
In molte condizioni patologiche, nell’invecchiamento, o in presenza di carenze nutrizionali, tuttavia, questa conversione può essere inefficiente ed è necessario introdurre GLA con la dieta.
A partire dall’acido gamma-linolenico si formano, in una via metabolica a cascata:
GLA → DGLA (acido diomo-gamma-linolenico) → Prostaglandine serie 1 (PGE1) e altre molecole bioattive
Le prostaglandine serie 1 hanno proprietà antinfiammatorie, vasodilatatorie e antitrombotiche, e il DGLA compete con l’acido arachidonico (che produce molecole pro-infiammatorie) per gli stessi enzimi. Nell’insieme, quindi, il GLA ha un effetto modulatore della risposta antinfiammatoria.
Quali effetti ha, quindi, il GLA nelle neuropatie?
- Una azione antinfiammatoria e antiedemigena (per gli effetti combinati di prostaglandine serie 1 e DGLA);
- inoltre, migliora,la microcircolazione endoneurale (il flusso di sangue all’interno del nervo) grazie al suo effetto vasodilatatore, contrastando così l’ischemia tipica dei nervi quando sono compressi.
- In aggiunta, essendo un acido grasso omega-6, è un componente strutturale delle membrane cellulari, contribuendo alla formazione e al mantenimento della guaina mielinica (l’isolamento che riveste i nervi e permette la conduzione rapida degli impulsi).
- Infine, per il suo effetto modulatore dell’infiammazione, il GLA riduce la produzione di radicali liberi.
Sinergia con l’acido alfa-lipoico
La combinazione GLA + ALA descritta nello studio non è casuale. I due composti agiscono in modo complementare:
- ALA: potente antiossidante, rigenera altri antiossidanti (vitamina C, E, glutatione), migliora il metabolismo del glucosio nelle cellule nervose
- GLA: azione antinfiammatoria e vasodilatatrice, supporto strutturale delle membrane
E infatti lo studio di Di Geronimo e collaboratori ha rivelato la superiorità dell’associazione ALA/GLA somministrata quotidianamente per 90 giorni nel ridurre la sintomatologia e la compromissione funzionale, mentre il preparato multivitaminico non ha prodotto effetti significativi.
ALA in associazione con curcumina e vitamine del Gruppo B
Un altro studio significativo (Prado, M.B et al, 2024) ha coinvolto 180 pazienti con CTS candidati a decompressione chirurgica del nervo mediano. I pazienti sono stati divisi in tre gruppi:
- Gruppo A: di controllo, non ha ricevuto alcun trattamento;
- Gruppo B: trattamento con ALA (300 mg), curcumina fitosoma (una forma di curcumina rivestita con fosfolipidi, 500 mg) e vitamine del gruppo B (B1 1,05 mg, B2 1,2 mg, B5 4,5 mg, B6 1,5 mg) due volte al giorno per 3 mesi prima e 3 mesi dopo l’intervento (6 mesi totali)
- Gruppo C: ha ricevuto la stessa integrazione solo per i 3 mesi precedenti l’intervento.
I risultati hanno dimostrato che i pazienti del gruppo B, rispetto al gruppo A di controllo, hanno ottenuto significativi benefici sulla sintomatologia notturna e, in generale, un miglioramento oggettivo della funzionalità nervosa.
L’assenza di risultati significativi nel gruppo C sottolinea l’importanza della continuità terapeutica nel periodo post-operatorio.
Tutto questo suggerisce che l’integrazione con ALA, curcumina e vitamine del gruppo B non solo prepara ottimalmente il tessuto nervoso all’intervento chirurgico, ma supporta anche i processi riparativi e rigenerativi nella fase di recupero post-operatorio.
ALA + SOD nel Dolore Lombare Cronico
Battisti, E et al, (2013) hanno condotto uno studio per valutare l’efficacia di una formulazione orale a base di acido alfa-lipoico (ALA, 600 mg/die) e superossido dismutasi (SOD, 140 UI/die) sull’attività funzionale, sull’uso di analgesici e sulla percezione del dolore in 98 soggetti adulti con lombalgia cronica (LBP).
Il trattamento, della durata di 60 giorni, ha determinato un miglioramento clinico-statisticamente significativo, misurato mediante questionari validati (Roland Morris Disability Questionnaire – RMDQ e Pain Rating Scale – PRS).
Gli effetti clinici della supplementazione
Il dato più eclatante è stata la marcata riduzione del consumo di farmaci analgesici: la percentuale di pazienti che necessitava di antidolorifici è crollata dal 73,5% all’8% dopo il trattamento.
Parallelamente, è stato osservato un netto miglioramento nella sintomatologia dolorosa e nella disabilità funzionale, senza effetti collaterali rilevanti.
I pazienti hanno riportato un progressivo recupero della mobilità e una significativa riduzione del dolore, evidenziando l’efficacia della doppia azione antiossidante e antinfiammatoria di questa combinazione nel contesto del dolore lombare cronico.
ALA + SOD nel Dolore Spinale Cervicale e nel Dolore Cronico al Collo
Il dolore spinale cervicale
Il dolore spinale cervicale è definito come un dolore percepito nella regione posteriore della colonna cervicale, con possibile irradiazione alla testa, al tronco e agli arti superiori. Questa condizione presenta tipicamente un’evoluzione bifasica, caratterizzata da una fase acuta e una fase cronica, ciascuna sostenuta da meccanismi fisiopatologici distinti.
- Nella fase acuta, il dolore è principalmente generato dalla stimolazione meccanica delle strutture anatomiche cervicali: i dischi intervertebrali, le articolazioni delle faccette articolari, le articolazioni atlanto-assiali e atlanto-occipitali, i legamenti, la fascia, i muscoli e la dura della radice nervosa. Queste strutture, tutte capaci di trasmettere segnali dolorosi, determinano i sintomi caratteristici come dolore al collo, dolore agli arti superiori e cefalea.
- La fase cronica, invece, si sviluppa nel 50-75% dei pazienti che hanno sperimentato inizialmente un episodio acuto e si caratterizza per meccanismi neuropatici: infiammazione persistente e degenerazione assonale della mielina.
Il dolore cronico al collo
Il dolore cronico al collo (CNP, Chronic Neck Pain) si manifesta clinicamente come iperalgesia diffusa della pelle, dei legamenti e dei muscoli alla palpazione e durante i movimenti passivi e attivi della zona cervico-scapolare.
La ricerca scientifica ha identificato nello stress ossidativo un elemento chiave nella patogenesi del dolore neuropatico cronico. Le specie reattive dell’ossigeno (ROS) giocano un ruolo fondamentale nella degenerazione assonale e nella degradazione della mielina, promuovendo l’infiammazione nervosa che, a sua volta, conduce alla perdita della funzionalità di conduzione nervosa e al perpetuarsi del dolore cronico.
Gli effetti della supplementazione con ALA + SOD insieme alla fisioterapia
Lo studio di Letizia Mauro e collaboratori (2014) ha esaminato se una combinazione di ALA e SOD potesse migliorare la gestione del dolore e l’efficacia della fisioterapia in pazienti con dolore cervicale cronico.
Novantasei pazienti sono stati suddivisi in due gruppi, e, per 60 giorni, il primo gruppo è stato sottoposto a fisioterapia più integrazione con ALA (600 mg/die) e SOD (140 UI/die); il secondo gruppo è stato trattato solo con fisioterapia. In entrambi i gruppi è stato escluso l’uso di analgesici.
I risultati hanno dimostrato che la terapia multimodale, combinando due potenti antiossidanti orali (ALA e SOD) con la fisioterapia, porterebbe ad un miglioramento del dolore percepito da questi pazienti.
Inoltre, sebbene entrambi i gruppi abbiano riportato miglioramenti dopo il primo mese di trattamento, tuttavia, dopo 2 mesi, il gruppo 2 (che è stato trattato con la sola fisioterapia) ha smesso di migliorare, mentre i pazienti del gruppo 1 che ricevevano ALA e SOD hanno continuato a sperimentare un miglioramento del loro dolore percepito.
ALA e Dolore Lombare Cronico (LBP) con Sciatalgia
Il dolore lombare cronico (LBP) con sciatalgia è definito come dolore e disagio, localizzato nella zona lombare (la parte bassa della schiena), accompagnato da irradiazione lungo la gamba, persistente per almeno 12 settimane. Nel 80% dei casi, l’origine è una patologia del disco intervertebrale
La neuropatia del nervo sciatico rappresenta una delle neuropatie periferiche più frequenti, con una incidenza che aumenta significativamente dopo i 65 anni. Il suo impatto sulla qualità della vita è estremamente variabile, andando da un fastidio sopportabile a una disabilità grave che interferisce con il sonno e le attività quotidiane.
Come trattare questa patologia?
Si discute ancora su quale sia il migliore approccio terapeutico per il dolore lombare cronico con sciatalgia. Il trattamento chirurgico non è la prima scelta, tranne che nei casi più gravi, dato che dolore e disabilità persistono dopo 5 anni dall’intervento.
Le terapie non farmacologiche per il LBP cronico con neuropatia del nervo sciatico includono agopuntura, terapia fisica, massoterapia, yoga, terapia cognitivo-comportamentale o rilassamento progressivo, manipolazione spinale e riabilitazione interdisciplinare intensiva.
Al momento non c’è consenso su un trattamento di prima scelta. La tendenza attuale è un approccio multidisciplinare che coinvolga ortopedici, fisiatri, reumatologi, neurologi e altri professionisti che collaborano per affrontare tutte le sfaccettature della malattia, includendo terapie fisiche, farmacologiche e neurotrofiche.
La centralità della neuroprotezione
All’interno di questo approccio, viene dato particolare rilievo all’uso di agenti neurotrofici. Tra questi, l’Acido Alfa-Lipoico (ALA) viene indicato come un trattamento adiuvante di prima scelta per la sua comprovata efficacia nel dolore neuropatico, il suo meccanismo d’azione antiossidante e la sua ottima tollerabilità e sicurezza.
Lo studio di Checchia del 2017
Uno studio multicentrico osservazionale prospettico condotto da Checchia e collaboratori (2017) ha coinvolto 394 pazienti con sciatalgia e lombalgia cronica in 44 centri specializzati italiani. Un sottogruppo di 312 pazienti ha ricevuto una combinazione di agenti neurotrofici contenenti ALA.
In particolare, due formulazioni a base di Acido Alfa-Lipoico, ALAnerv ON®( ALA 300 mg, acido gamma-linolenico, GLA, 180 mg, honokiol 27 mg, selenio 25 μg, vitamina B1 1.05 mg, vitamina B2 1.2 mg, vitamina B5 4.5 mg, vitamina B6 1.4 mg, vitamina E 7.5 mg e selenio 25 μg; Alfa Wassermann, Bologna, Italia) e ALA600 SOD® (ALA 600 mg, superossido dismutasi, SOD, 140 UI/giorno, vitamina E 7.5 mg e selenio 25 μg; Alfa Wassermann, Bologna, Italia) sono state le più prescritte, somministrate complessivamente a circa l’80% dei pazienti che assumevano neurotrofici.
Il follow-up a 2 mesi ha rivelato un miglioramento significativo delle disabilità funzionali e del dolore percepito.
ALA + GLA nella Radicolopatia Compressiva
Che succede quando una radice nervosa viene compressa?
Quando un’ernia discale comprime una radice nervosa, il risultato è spesso un dolore radicolare, una forma di dolore neuropatico acuto e lancinante che percorre l’arto come una scossa elettrica. Spesso a questo si associa una radicolopatia, caratterizzata da segni oggettivi e più insidiosi come intorpidimento persistente, formicolio e debolezza muscolare.
Che differenza c’è tra dolore radicolare e radicolopatia?
Questa distinzione è importante:
- il dolore radicolare è un “segnale di allarme” doloroso del nervo irritato, generato dall’irritazione chimica o meccanica di una radice nervosa. Non c’è ancora una vera e propria interruzione del segnale, ma l’irritazione fa sì che il nervo invii segnali di dolore continui e inappropriati al cervello.
- la radicolopatia è il segno di un danno strutturale più serio al nervo, tale da interrompere o alterare la trasmissione normale degli impulsi. È una perdita oggettiva di funzione neurologica. Segni e sintomi obiettivi sono:
- la perdita sensoriale (intorpidimento) della zona di pelle servita da quel nervo;
- la paresi o debolezza muscolare, cioè la’incapacità di contrarre normalmente i muscoli controllati da quel nervo;
- la riduzione o l’assenza di riflessi (es. il riflesso patellare o quello achilleo);
- e le parestesie, formicolii persistenti e fastidiosi, segno di sofferenza nervosa.
E, quindi, quali scenari si possono presentare per effetto di una lesione?
Una lesione (es. un’ernia del disco, un restringimento del canale vertebrale) può causare entrambe le condizioni, una sola, o nessuna delle due:
- Solo Dolore Radicolare: La lesione (es. un’ernia discale piccola) irrita la radice nervosa, innescando il segnale doloroso, ma non la comprime a sufficienza da danneggiare le fibre nervose e bloccare la conduzione. Il paziente ha dolore lancinante alla gamba, ma forza, riflessi e sensibilità sono normali.
- Solo Radicolopatia: In alcuni casi (più rari), può esserci un danno alla conduzione senza un dolore significativo. Il paziente potrebbe avvertire soprattutto intorpidimento e debolezza, ma poco dolore. Questo è più comune in condizioni croniche o compressive lente.
- Dolore Radicolare + Radicolopatia: Questo è lo scenario più comune e completo. La lesione (es. un’ernia discale voluminosa) prima irrita il nervo (causando dolore lancinante) e poi, con la compressione prolungata, lo danneggia (causando intorpidimento e debolezza). Spesso il dolore acuto può diminuire quando compaiono l’intorpidimento e la debolezza, perché le fibre nervose danneggiate smettono di condurre qualsiasi segnale, incluso quello del dolore.
Gli effetti di ALA + GLA
Alla base di questo duplice problema ci sono due meccanismi principali: l’infiammazione generata dalla compressione e lo stress ossidativo, un eccesso di radicali liberi che danneggia le cellule nervose. È proprio su questi fronti che l’acido alfa-lipoico (ALA) dimostra il suo potenziale.
Uno studio clinico (Ranieri, M et al, 2009) ha esplorato l’efficacia di un protocollo che combina 600 mg di acido alfa-lipoico e 360 mg di acido gamma-linolenico (GLA, un acido grasso con spiccata azione antinfiammatoria) per 6 settimane, affiancato a un programma di esercizio fisico riabilitativo mirato. I risultati hanno evidenziato un miglioramento significativo dei sintomi neuropatici rispetto alla sola riabilitazione.
Conclusioni
L’acido alfa-lipoico emerge come un potente alleato nella battaglia contro i disturbi neurodegenerativi e il dolore cronico. Le evidenze scientifiche disponibili, seppur necessitanti di ulteriori conferme attraverso studi più ampi e prolungati, indicano chiaramente il potenziale terapeutico di questo straordinario antiossidante. La neuroprotezione e l’analgesia attraverso l’acido alfa-lipoico potrebbero rappresentare strategie terapeutiche complementari di grande valore nella medicina del futuro, con il vantaggio aggiuntivo di un profilo di sicurezza superiore rispetto alle terapie farmacologiche convenzionali.
Riconoscimenti
Questo approfondimento scientifico prende spunto dai risultati dello studio:
Superti, F., & Russo, R. (2024). “Alpha Lipoic Acid: Biological Mechanisms and Health Benefits”. Antioxidants, Volume 13, Numero 10, Articolo 1234. Disponibile su PubMed Central: PMC11505271. https://www.mdpi.com/2076-3921/13/10/1228#B53-antioxidants-13-01228
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