Lupus e cuore: come riconoscere il rischio cardiovascolare nascosto

Lupus Eritematoso Sistemico: Immagine dell'eritema a farfalla

Scopri il legame pericoloso tra lupus eritematoso sistemico e malattie cardiovascolari: rischi, meccanismi, diagnosi precoce e strategie di prevenzione basate sulle più recenti evidenze scientifiche.

Il lupus nasconde un pericolo silenzioso per il cuore

Il lupus eritematoso sistemico (LES) è una malattia autoimmune complessa che può colpire diversi organi e sistemi. Quello che molti pazienti e alcuni medici non specialisti potrebbero sottovalutare è l’impatto significativo che questa condizione ha sul sistema cardiovascolare. Un aspetto particolarmente allarmante è che il rischio cardiovascolare nel lupus colpisce anche persone giovani che normalmente non verrebbero considerate a rischio per problemi cardiaci.

Come emerge da una recente discussione tra specialisti pubblicata su Medscape (In Lupus, How to Spot Hidden Heart Risk – Medscape – Apr 23, 2025.), il Dr. Michael Garshick (Assistente Professore, Dipartimento di Medicina, Divisione di Cardiologia, NYU Langone Health; Direttore, Programma di Cardioreumatologia, Dipartimento di Medicina, Medical Center, New York City, NY), e la Dr.ssa Maureen McMahon, (Professore presso il Dipartimento di Medicina, Divisione di Reumatologia, UCLA David Geffen School of Medicine; Capo Associato, Divisione di Reumatologia, UCLA Medical Center, Los Angeles, California) hanno condiviso esperienze cliniche e dati scientifici che evidenziano quanto questo aspetto del lupus sia critico e spesso sottovalutato.

Un caso emblematico: quando la giovane età inganna

La Dr.ssa McMahon racconta un caso clinico particolarmente significativo: una paziente di soli 28 anni, con storia di lupus attivo ma apparentemente sotto controllo, che durante l’attività fisica avvertiva dolore toracico e mancanza di respiro. Dopo diverse visite al pronto soccorso, dove i suoi sintomi venivano erroneamente attribuiti a problematiche muscoloscheletriche legate al lupus e trattati con FANS e steroidi, la giovane ha infine subito un infarto miocardico.

Questo caso illustra perfettamente la sfida diagnostica: nei giovani, specialmente nelle donne giovani, i sintomi cardiaci vengono spesso sottovalutati o attribuiti ad altre cause. Come sottolinea il Dr. Garshick: “I pazienti giovani mascherano bene i sintomi fino a quando la situazione non diventa catastrofica”.

I numeri di un rischio un rischio moltiplicato

I dati epidemiologici sono inequivocabili nel dimostrare l’elevato rischio cardiovascolare nei pazienti con lupus:

  • Studi provenienti dal registro del lupus della California mostrano un rischio 3,6 volte maggiore rispetto alla popolazione generale
  • Dati dal progetto lupus di Manhattan confermano un rischio tre volte superiore per eventi cardiovascolari
  • Tra i 20-49 anni, il rischio complessivo aumenta di 6,4 volte
  • Nei maschi giovani con lupus, il rischio può essere fino a 11,3 volte maggiore

Questi numeri sono particolarmente preoccupanti considerando che le malattie cardiovascolari rappresentano una delle principali cause di morte nei pazienti con lupus dopo la fase iniziale della malattia. Un pattern bimodale di mortalità è stato infatti osservato fin dal 1976 nel lupus, con un secondo picco di mortalità a circa 8,6 anni dalla diagnosi, in cui le malattie cardiovascolari giocano un ruolo centrale.

L’infiammazione: il ponte tra lupus e malattia cardiaca

Un aspetto fondamentale da comprendere è che il rischio cardiovascolare nel lupus non è spiegabile solo attraverso i fattori di rischio tradizionali.

Uno studio del gruppo di John Esdaile ha dimostrato che, anche dopo aver controllato tutti i fattori di rischio cardiovascolare tradizionali, i pazienti con lupus presentavano ancora un rischio da 7,5 a 10 volte maggiore per eventi cardiovascolari.

L’infiammazione cronica tipica del lupus gioca un ruolo cruciale in questo processo. Come spiega il Dr. Garshick: “L’infiammazione è coinvolta in quasi ogni fase dell’aterosclerosi”, la quale rappresenta un’interazione tra endotelio danneggiato, sistema immunitario e dislipidemia.

Il meccanismo può essere riassunto in diverse fasi:

  • 1. Danneggiamento dell’endotelio vascolare (causato dall’infiammazione stessa, ipertensione, dislipidemia, ecc.)
  • 2. Adesione dei lipidi circolanti all’endotelio danneggiato e loro traslocazione nello spazio intimale
  • 3. Intervento del sistema immunitario che tenta di eliminare questi lipidi attraverso i macrofagi
  • 4. Fallimento dell’efferocitosi (incapacità di eliminare efficacemente le particelle lipidiche)
  • 5. Rilascio di citochine proinfiammatorie che attirano ulteriori cellule immunitarie
  • 6. Amplificazione dell’infiammazione locale con formazione di placche
  • 7. Potenziale rottura della placca e formazione di trombi (aterosclerosi)

È interessante notare come alcune delle stesse citochine coinvolte nella patogenesi del lupus (come IL-6, IL-1) siano implicate anche nell’aterosclerosi, creando un pericoloso circolo vizioso.

HDL disfunzionale: quando la protezione viene meno

Un altro meccanismo rilevante è la disfunzione dell’HDL, il colesterolo “buono”.

Normalmente, l’HDL svolge un ruolo protettivo contro l’aterosclerosi, ma in condizioni infiammatorie come il lupus può avere l’effetto opposto o non essere in grado di svolgere efficacemente la sua funzione di rimozione dei lipidi.

Questo fenomeno è stato osservato in diverse malattie infiammatorie come lupus, artrite reumatoide e psoriasi, dove si riscontra spesso un HDL più basso e una compromessa capacità di efflusso dell’HDL.

Come individuare il rischio nascosto: strategie di screening

Considerando l’elevato rischio cardiovascolare nei pazienti con lupus, diventa fondamentale una strategia di screening adeguata. Il Dr. Garshick suggerisce un approccio multidimensionale:

1. Valutazione approfondita dei fattori di rischio tradizionali:

  • Anamnesi familiare
  • Stile di vita, alimentazione, esercizio fisico, sonno, fumo
  • Screening lipidico
  • Emoglobina glicata
  • Pressione arteriosa

2. Calcolo del rischio cardiovascolare

Pur con i limiti degli score tradizionali, che spesso non sono ottimizzati per popolazioni giovani o con malattie autoimmuni, è utile calcolare un punteggio di rischio cardiovascolare. Esistono anche score specifici per il lupus che considerano fattori come:

  • Storia di malattia renale
  • Necessità cronica di steroidi
  • Complemento persistentemente basso
  • Elevazioni persistenti di anticorpi antifosfolipidi
  • Elevazioni persistenti di DNA a doppia elica

3. Utilizzo strategico dell’imaging

Quando non è immediatamente chiaro se il paziente necessiti di più di un semplice counseling su dieta, stile di vita ed esercizio fisico, l’imaging può essere determinante:

Calcio coronarico: un approccio convenzionale ma con limiti nei pazienti giovani, poiché la formazione di placche calcifiche richiede tempo

Ecografia carotidea: particolarmente utile per identificare la presenza di placche “soft” (non calcifiche) e quindi più precoce come marker di rischio

Altri esami di imaging avanzato in casi selezionati

Come sottolinea il Dr. Garshick: “Se troviamo una placca carotidea, significa che il paziente ha aterosclerosi sistemica. È tempo di diventare molto aggressivi con la cura”.

Gestione del rischio cardiovascolare: un approccio integrato

Una volta identificato il rischio, l’intervento deve essere tempestivo e multifattoriale:

Esercizio fisico calibrato

L’esercizio fisico è fondamentale ma rappresenta spesso una sfida per i pazienti con lupus. Un approccio pragmatico è quello suggerito dal Dr. Garshick: “Dovreste fare abbastanza esercizio da sentirvi leggermente senza fiato”. Praticamente, questo significa non essere in grado di sostenere una conversazione normale durante l’attività fisica, anche solo per 30 secondi prima di rallentare un po’. Questo approccio permette di adattare l’intensità alle capacità individuali del paziente.

Controllo pressorio ottimale

L’obiettivo è mantenere valori inferiori a 130/80 mmHg. Il monitoraggio domiciliare della pressione arteriosa è particolarmente utile:

  • Misurazioni multiple nell’arco di alcuni giorni
  • Calcolo della media dei valori
  • Ripetizione del monitoraggio ogni pochi mesi

Gestione della dislipidemia

Nonostante gli studi specifici sulle statine nei pazienti con lupus non abbiano mostrato risultati decisamente positivi (probabilmente per la dimensione limitata dei campioni), l’approccio alla terapia con statine dovrebbe essere relativamente liberale nei pazienti a rischio o con evidenza di placche. È importante considerare:

Controindicazioni specifiche (es. gravidanza)

  • Nuance farmacologiche (es. particolari statine in pazienti in dialisi)
  • Coinvolgimento del paziente nella decisione terapeutica

Ruolo della colchicina

La colchicina, familiare ai reumatologi per il trattamento delle malattie da deposizione di cristalli, ha recentemente dimostrato benefici nella prevenzione cardiovascolare nella popolazione generale.

Tuttavia, il suo ruolo nei pazienti già in terapia con immunomodulatori non è chiaro. Potrebbe essere considerata in pazienti ad alto rischio cardiovascolare in terapia con soli antimalarici.

Idrossiclorochina: un alleato inaspettato

Studi osservazionali suggeriscono che l’idrossiclorochina, farmaco cardine nel trattamento del lupus, possa avere un ruolo protettivo contro le malattie cardiovascolari, probabilmente per le sue proprietà antitrombotiche e anti-infiammatorie. È importante tuttavia monitorare potenziali effetti cardiotossici con l’uso prolungato.

Nuove frontiere: il trattamento della pericardite

Per i pazienti con pericardite ricorrente, nuove terapie mirate alla via dell’IL-1, come rilonacept, sembrano offrire benefici significativi, specialmente quando la pericardite rappresenta l’unica manifestazione attiva della malattia.

Conclusioni: un approccio proattivo salva la vita

La consapevolezza del rischio cardiovascolare nascosto nel lupus è fondamentale. I dati mostrano chiaramente che anche pazienti giovani, tradizionalmente considerati a basso rischio, possono sviluppare gravi problemi cardiovascolari quando affetti da lupus.

La chiave è un approccio proattivo che comprenda:

  • Educazione di pazienti e medici non specialisti
  • Screening mirato con valutazione multifattoriale
  • Utilizzo strategico dell’imaging
  • Intervento tempestivo sui fattori di rischio modificabili
  • Collaborazione stretta tra reumatologi e cardiologi

Come emerge da questa discussione tra esperti, la cardio-reumatologia rappresenta un campo in evoluzione che sta migliorando la comprensione e la gestione di questa importante comorbidità. Solo un approccio integrato può ridurre significativamente il carico di malattia cardiovascolare nei pazienti con lupus, migliorando la loro prognosi a lungo termine e qualità di vita.

FAQ: Lupus e rischio cardiovascolare

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