Parte 1 – La Terapia Insulinica

La gestione terapeutica del diabete mellito ha raggiunto oggi livelli di sofisticazione impensabili solo pochi decenni fa. Questa condizione metabolica richiede strategie terapeutiche mirate e personalizzate per ottimizzare il controllo glicemico e prevenire le complicanze a lungo termine.
L’evoluzione farmacologica ha trasformato il trattamento del diabete, introducendo nuove classi di farmaci e perfezionando le formulazioni insuliniche. L’insulina mantiene il suo ruolo centrale, specialmente nel diabete di tipo 1 e nelle forme avanzate di diabete di tipo 2.
Questa serie di articoli offre una panoramica completa e aggiornata delle terapie del diabete, combinando rigore scientifico e praticità clinica. Inizieremo con un approfondimento sulla terapia insulinica, per poi esplorare le altre classi di farmaci antidiabetici nelle pubblicazioni successive.
- Parte 1 – La Terapia Insulinica
- Introduzione al diabete mellito e al suo impatto globale
- Fisiopatologia del diabete mellito: comprendere il meccanismo della malattia
- Obiettivi terapeutici: oltre il controllo glicemico
- Insulina: il trattamento fondamentale nel diabete di tipo 1 e avanzato di tipo 2
- Schemi terapeutici insulinici: come si adatta l’insulina alle esigenze della persona diabetica
- Vie di somministrazione e dispositivi
- Vantaggi e svantaggi della terapia insulinica
- Considerazioni finali
Introduzione al diabete mellito e al suo impatto globale
Il diabete mellito rappresenta una delle patologie croniche più complesse e diffuse a livello mondiale, con oltre 589 milioni di persone (vale a dire 1 persona su 9!) colpite secondo le stime più recenti. Questa condizione, ben lontana dall’essere una semplice alterazione dei livelli di glucosio nel sangue, costituisce un disordine metabolico sistemico che può compromettere progressivamente numerosi organi e tessuti: dal sistema cardiovascolare ai reni, dalla retina al sistema nervoso periferico.
L’impatto del diabete mellito sulla salute pubblica è destinato ad aumentare nei prossimi decenni, rendendo essenziale una comprensione approfondita non solo della patologia, ma anche delle opzioni terapeutiche disponibili. La gestione ottimale del diabete richiede infatti un approccio personalizzato e basato sulle evidenze scientifiche più recenti.
Fisiopatologia del diabete mellito: comprendere il meccanismo della malattia
Per comprendere l’azione dei farmaci antidiabetici, è fondamentale conoscere i meccanismi alla base di questa patologia. Il diabete mellito è caratterizzato da un’alterazione del metabolismo del glucosio che può manifestarsi attraverso due principali meccanismi: un meccanismo autoimmune che distrugge le cellule che producono insulina (diabete di tipo 1) ed un meccanismo che deriva da una progressiva minore sensibilità delle cellule all’insulina (diabete di tipo 2).
Diabete di tipo 1 (5-10% dei casi)
In questa forma, il sistema immunitario attacca erroneamente e distrugge le cellule beta del pancreas responsabili della produzione di insulina. Si tratta di un processo autoimmune che porta a una carenza assoluta di insulina, l’ormone chiave per consentire al glucosio di entrare nelle cellule. Senza insulina, il glucosio si accumula nel sangue (iperglicemia), mentre le cellule si trovano paradossalmente in uno stato di “fame energetica”.
Il diabete di tipo 1 ha generalmente esordio nell’infanzia o nell’adolescenza, ma può manifestarsi a qualsiasi età. La sua insorgenza è spesso rapida, con sintomi come poliuria (aumento della minzione), polidipsia (sete intensa), perdita di peso improvvisa e, nei casi non diagnosticati, può evolvere verso condizioni acute pericolose come la chetoacidosi diabetica.
Diabete di tipo 2 (circa 90% dei casi)
Il diabete di tipo 2 si sviluppa attraverso un processo più graduale. Inizialmente si manifesta un fenomeno chiamato insulino-resistenza: i tessuti (principalmente muscoli, fegato e tessuto adiposo) diventano meno sensibili all’azione dell’insulina. Il pancreas cerca di compensare questa resistenza aumentando la produzione insulinica, ma nel tempo le cellule beta pancreatiche si esauriscono, portando a un progressivo deficit di secrezione insulinica.
Questa forma di diabete è strettamente correlata a fattori come obesità, sedentarietà, predisposizione genetica e invecchiamento. A differenza del tipo 1, l’esordio è tipicamente più insidioso, con una fase di prediabete caratterizzata da alterata glicemia a digiuno o alterata tolleranza al glucosio, che può durare anni prima della diagnosi.
Diabete gestazionale
Il diabete gestazionale si manifesta durante la gravidanza a causa di cambiamenti ormonali che inducono una temporanea insulino-resistenza. Sebbene tipicamente regredisca dopo il parto, rappresenta un importante fattore di rischio per lo sviluppo futuro di diabete di tipo 2 sia per la madre che per il bambino.
Diabete LADA (Latent Autoimmune Diabetes in Adults)
Il diabete LADA (Latent Autoimmune Diabetes in Adults) rappresenta una forma subdola di diabete che spesso viene confusa con il diabete di tipo 2, ma ha in realtà una natura autoimmune, come il tipo 1.
Questa condizione si manifesta tipicamente negli adulti oltre i 30 anni e presenta caratteristiche ibride: pur essendo di natura autoimmune come il tipo 1, evolve con tempi molto più dilatati.
Il meccanismo alla base prevede un attacco del sistema immunitario contro le cellule beta pancreatiche, ma questo processo distruttivo avviene gradualmente, permettendo al pancreas di mantenere una residua capacità di produrre insulina per mesi o anni.
Questa peculiarità spiega perché inizialmente il LADA possa rispondere favorevolmente alle modifiche dello stile di vita o ai farmaci ipoglicemizzanti orali, creando l’illusione di trovarsi di fronte a un diabete di tipo 2. Con il progredire della malattia, tuttavia, la riserva insulinica si esaurisce e diventa necessario ricorrere alla terapia insulinica.
La diagnosi differenziale si basa sulla ricerca di specifici autoanticorpi, come gli anti-GAD (acido glutammico decarbossilasi), che permettono di identificare la componente autoimmune e di impostare una strategia terapeutica appropriata fin dall’esordio.
Diabete MODY (Maturity Onset Diabetes of the Young)
Il diabete MODY (Maturity Onset Diabetes of the Young) costituisce una categoria specifica di diabete di origine genetica che si distingue per il suo pattern di trasmissione ereditaria.
Questa forma colpisce prevalentemente individui giovani, generalmente prima dei 25 anni, e si trasmette secondo un modello autosomico dominante, determinando spesso la comparsa della malattia in multiple generazioni familiari.
A differenza del diabete di tipo 1 giovanile, il MODY non presenta componenti autoimmuni e mantiene un decorso clinico generalmente più stabile e progressivo.
La classificazione molecolare del MODY comprende diversi sottotipi, ciascuno associato a mutazioni specifiche in geni che regolano la funzione delle cellule beta pancreatiche. Questa diversità genetica si traduce in variabilità fenotipiche e terapeutiche significative: alcune varianti, come il MODY-2, possono richiedere solo interventi dietetici, mentre altre, come il MODY-3, rispondono efficacemente alle sulfoniluree.
La diagnosi definitiva richiede un’analisi genetica mirata, che non solo conferma la natura monogenica del disturbo, ma fornisce anche informazioni prognostiche e terapeutiche preziose per la gestione personalizzata del paziente.
Forme di diabete secondarie
Esistono anche forme di diabete meno comuni, chiamate “secondarie”, perché non derivano direttamente da un difetto del pancreas o da un meccanismo autoimmune, ma sono legate ad altre condizioni mediche.
In alcuni casi, il problema nasce da malattie del pancreas stesso, come la pancreatite cronica, che può danneggiare progressivamente le cellule incaricate di produrre insulina.
In altri, la causa è da cercare in terapie farmacologiche (diabete iatrogeno): farmaci come i corticosteroidi, spesso usati per trattare malattie infiammatorie o autoimmuni, oppure alcuni antipsicotici, possono interferire con il metabolismo del glucosio e provocare un innalzamento dei livelli di zucchero nel sangue.
Anche alcune patologie endocrine, come la sindrome di Cushing o l’acromegalia, possono influenzare la regolazione glicemica, favorendo lo sviluppo del diabete. In tutti questi casi, è fondamentale affrontare non solo la gestione della glicemia, ma anche la patologia di base che ha innescato il disturbo.
Obiettivi terapeutici: oltre il controllo glicemico
Il trattamento del diabete ha subito un’importante evoluzione concettuale negli ultimi anni. Se inizialmente l’obiettivo principale era semplicemente il controllo dei livelli glicemici, oggi l’approccio è molto più ampio e comprende:
- Normalizzazione dei livelli glicemici: mantenere l’emoglobina glicata (HbA1c) entro target personalizzati, generalmente inferiori al 7% per la maggior parte dei pazienti, ma con obiettivi che possono essere più o meno stringenti a seconda dell’età, della durata del diabete e delle comorbidità.
- Prevenzione delle complicanze microvascolari: proteggere reni (nefropatia), occhi (retinopatia) e nervi (neuropatia) dai danni del diabete.
- Riduzione del rischio cardiovascolare: prevenire infarto, ictus e altre patologie cardiovascolari, particolarmente frequenti nei pazienti diabetici.
- Gestione del peso corporeo: particolarmente importante nel diabete di tipo 2, dove l’obesità è spesso un fattore scatenante.
- Miglioramento della qualità di vita: garantire un trattamento che sia sostenibile e ben tollerato nel lungo termine.
- Sicurezza terapeutica: minimizzare il rischio di ipoglicemia e altri effetti collaterali.

Insulina: il trattamento fondamentale nel diabete di tipo 1 e avanzato di tipo 2
L’insulina, scoperta nel 1921 da Banting e Best, rimane il cardine della terapia diabetica e rappresenta l’unico trattamento salvavita per i pazienti con diabete di tipo 1. La sua importanza si estende però ben oltre questa indicazione, giocando un ruolo cruciale anche nella gestione del diabete di tipo 2 quando altri approcci terapeutici non sono più sufficienti.
Si tratta di una terapia sostitutiva che fornisce dall’esterno l’ormone che il pancreas non è più in grado di produrre in quantità sufficienti. La comprensione della fisiologia insulinica ha permesso lo sviluppo di formulazioni sempre più raffinate, capaci di mimare il pattern di secrezione fisiologica dell’ormone. Dalle prime preparazioni di insulina bovina e suina, siamo passati all’insulina umana ricombinante e agli analoghi insulinici, caratterizzati da profili farmacocinetici e farmacodinamici ottimizzati per rispondere alle diverse esigenze terapeutiche.
Meccanismo d’azione dell’insulina
L’insulina è un ormone peptidico che, legandosi ai suoi recettori presenti sulla membrana cellulare, attiva una complessa cascata di segnalazione intracellulare che porta a:
L’insulina è un ormone peptidico fondamentale prodotto dal pancreas, che svolge un ruolo chiave nel mantenere stabili i livelli di glucosio nel sangue. Quando l’insulina si lega ai suoi recettori sulla membrana cellulare – in particolare quelle muscolari e adipose – attiva una serie di segnali biochimici all’interno della cellula. Questa cascata di segnali porta a tre effetti principali:
- Permette al glucosio di entrare nelle cellule (traslocazione del trasportatore GLUT4).
Uno dei primi effetti è lo spostamento di una proteina chiamata GLUT4, un trasportatore del glucosio che normalmente si trova all’interno della cellula. Il legame dell’insulina con i suoi recettori di membrana fa sì che GLUT4 si sposti dal citoplasma verso la membrana cellulare, dove funziona come un “cancello” che consente al glucosio presente nel sangue di entrare nella cellula. Questo processo è fondamentale per abbassare la glicemia dopo i pasti. - Stimola la costruzione di riserve energetiche (attivazione delle vie anaboliche).
Una volta che il glucosio è entrato nelle cellule, l’insulina favorisce la glicogenosintesi, ovverosua trasformazione in glicogeno (una forma di riserva energetica), specialmente nei muscoli e nel fegato. Inoltre, l’insulina stimola anche la sintesi di proteine e grassi (lipogenesi), promuovendo un generale processo anabolico, cioè di costruzione e accumulo di nutrienti. - Blocca i meccanismi di rilascio di energia (Inibizione delle vie cataboliche).
Contemporaneamente, l’insulina inibisce i processi opposti, cioè quelli che libererebbero glucosio o grassi nel sangue. In particolare, blocca la produzione di nuovo glucosio da parte del fegato (processo noto come gluconeogenesi), la rottura delle riserve di glicogeno (glicogenolisi) e la distruzione dei grassi (lipolisi).
Questo effetto coordinato permette di abbassare la glicemia e di immagazzinare energia sotto forma di glicogeno e grassi.
Tipi di insulina in base alla cinetica
In commercio esistono diversi tipi di insulina, che si distinguono principalmente per quanto velocemente iniziano ad agire e per quanto a lungo rimangono efficaci nell’organismo. Questa varietà è necessaria per adattare la terapia insulinica alle esigenze individuali di ciascun paziente.
1. Insuline ad azione ultra-rapida (onset: 5-15 minuti, durata: 3-5 ore)
Queste insuline iniziano ad agire nel giro di 5-15 minuti e il loro effetto dura circa 3-5 ore. Sono pensate per imitare il picco di insulina naturale che si verifica dopo un pasto. Proprio per questo motivo, vengono generalmente somministrate poco prima di mangiare, offrendo una buona flessibilità negli orari dell’alimentazione rispetto alle insuline rapide tradizionali.
Le principali rappresentanti di questa categoria sono:
- Insulina aspart (NovoRapid)
- Insulina lispro (Humalog)
- Insulina glulisina (Apidra)
- Insulina aspart faster (Fiasp), che agisce ancora più rapidamente
2. Insulina regolare o ad azione rapida (onset: 30-60 minuti, durata: 6-8 ore)
Questa è una forma più “tradizionale” di insulina, con un inizio d’azione un po’ più lento (30-60 minuti) e una durata più lunga (6-8 ore). Va quindi somministrata almeno mezz’ora prima dei pasti. Anche se oggi è meno usata nelle terapie quotidiane, resta preziosa in situazioni d’emergenza, ad esempio quando somministrata per via endovenosa durante un’iperglicemia grave.
Richiede somministrazione 30-45 minuti prima dei pasti. È stata largamente sostituita dalle insuline ultra-rapide nella terapia basal-bolus, ma trova ancora impiego in particolari contesti clinici come l’uso endovenoso nelle emergenze iperglicemiche.
Principale esempio di questa seconda categoria è:
- Insulina umana regolare (Actrapid, Humulin R)
3. Insuline ad azione intermedia (onset: 1-2 ore, durata: 12-18 ore)
Queste insuline hanno un’azione più prolungata (12-18 ore) e iniziano ad agire dopo 1-2 ore dalla somministrazione. Il loro effetto, però, non è costante: tendono a produrre un picco d’azione a metà della durata, il che può aumentare il rischio di ipoglicemia, soprattutto di notte.
Un esempio è l’insulina NPH (Neutral Protamine Hagedorn), dove la protamina viene utilizzata per rallentarne l’assorbimento. La protamina è una proteina ricca di arginina, altamente basica; mescolata in adatte proporzioni con l’insulina, crea una sospensione cristallina che precipita nel sito di iniezione sottocutaneo e viene rillasciato lentamente, garantendo all’insulina un effetto prolungato.
- Insulina NPH (Neutral Protamine Hagedorn)
4. Insuline basali o ad azione lenta o a lunga durata (onset: 1-2 ore, durata: 20-24 ore o più)
Progettate per garantire un rilascio costante e stabile dell’insulina per tutta la giornata, queste formulazioni sono chiamate “basali” perché coprono il fabbisogno insulinico di base, indipendentemente dai pasti. Hanno un inizio d’azione simile alle intermedie (1-2 ore), ma durano fino a 24 ore o più, e il loro profilo è “flat”, “piatto”, cioè senza picchi d’azione significativi. Grazie alla durata di azione ed al profilo flat, queste insuline permettono una maggiore flessibilità negli orari di somministrazione. Le principali sono:
- Insulina glargine (Lantus, Abasaglar, Toujeo)
- Insulina detemir (Levemir)
- Insulina degludec (Tresiba) – durata ultra-prolungata fino a 42 ore
5. Miscele precostituite
Per chi ha bisogno di semplificare la terapia, esistono combinazioni già pronte di insulina rapida + insulina intermediain percentuali fisse. Questo consente di coprire sia i picchi dopo i pasti che il fabbisogno basale con una singola iniezione. Esempi sono:
- Combinazioni di insulina ad azione rapida o ultrarapida con insulina ad azione intermedia (es. NovoMix 30 (25% lispro, 75% lispro protamina), Humalog Mix 25/75 (30% aspart, 70% aspart protamina)
Queste formulazioni contengono percentuali fisse di insulina rapida e intermedia, permettendo di coprire sia i picchi post-prandiali che il fabbisogno basale con una singola iniezione.
Schemi terapeutici insulinici: come si adatta l’insulina alle esigenze della persona diabetica
La somministrazione di insulina non segue un’unica modalità: esistono diversi schemi terapeutici, che vengono scelti in base allo stile di vita, all’età, al tipo di diabete e alla capacità del paziente di gestire autonomamente la terapia. Ecco i principali:
1. Terapia basal-bolus: la più fisiologica
Questo schema si avvicina il più possibile al funzionamento naturale del pancreas.
Consiste in:
- Una o due dosi giornaliere di insulina “basale”, a lunga durata d’azione, per coprire il fabbisogno di base dell’organismo tra i pasti e durante la notte.
- Dosi aggiuntive di insulina “rapida” o “ultra-rapida”, somministrate prima di ogni pasto principale, per gestire i picchi glicemici post-prandiali.
È lo schema più flessibile e personalizzabile, ma anche quello che richiede maggiore impegno: più iniezioni, monitoraggio frequente della glicemia e calcolo dei carboidrati nei pasti.
2. Schema con insuline premiscelate: la semplificazione
In questo caso si utilizzano miscele già pronte di insulina rapida + intermedia, in un’unica iniezione.
Il paziente effettua di solito 2 iniezioni al giorno, prima di colazione e prima di cena.
È uno schema più semplice da gestire, ma meno flessibile: richiede orari dei pasti più regolari e una dieta più stabile nel tempo. È spesso usato:
- in pazienti anziani,
- in chi ha difficoltà a gestire schemi più complessi,
- oppure quando si privilegia la praticità.
3. Microinfusore di insulina (CSII: Continuous Subcutaneous Insulin Infusion)
È un dispositivo elettronico che rilascia insulina ultra-rapida in modo continuo, attraverso un piccolo catetere inserito sotto la pelle.
Il microinfusore può essere programmato per:
- fornire una infusione basale personalizzata durante tutta la giornata e la notte,
- erogare “boli” di insulina prima dei pasti, gestiti manualmente dal paziente.
Questa tecnologia offre un altissimo livello di precisione e flessibilità, ed è particolarmente utile:
- nel diabete tipo 1,
- nei bambini e adolescenti,
- o in persone con glicemia instabile nonostante la terapia tradizionale.
Alcuni dispositivi, detti “pancreas artificiali ibridi”, sono in grado di adattare automaticamente l’insulina in base ai valori glicemici rilevati da un sensore continuo.
Vie di somministrazione e dispositivi
L’insulina non può essere assunta per bocca come una normale compressa, perché essendo una proteina verrebbe distrutta dagli enzimi digestivi prima di poter agire.
Per questo motivo, viene somministrata per via sottocutanea, cioè iniettata nel tessuto adiposo appena sotto la pelle. Esistono diverse modalità per farlo, che variano in base alle preferenze del paziente, alla terapia prescritta e al livello di automonitoraggio:
- Siringhe tradizionali
Sono il metodo più semplice e “manuale”, utilizzato soprattutto in passato. Oggi sono meno comuni, ma ancora valide in alcune situazioni. - Penne da insulina
Sono dispositivi moderni, precaricati o ricaricabili, che permettono di iniettare la dose con maggiore precisione e comfort. Sono facili da usare, anche per chi ha problemi di vista o di manualità, e rappresentano il metodo più diffuso. - Microinfusori
Sono piccoli dispositivi elettronici portatili che iniettano insulina in continuo tramite un sottile catetere posizionato sotto la pelle. Offrono una grande personalizzazione della terapia, particolarmente utile nel diabete di tipo 1 o nei pazienti che hanno bisogno di un controllo molto preciso. - Patch-pump (pompe adesive)
Si tratta di microinfusori senza catetere, applicati direttamente sulla pelle come un cerotto. Sono più discreti e pratici, ideali per chi vuole evitare cavi esterni o dispositivi ingombranti.
E in caso di emergenza?
In alcune situazioni acute, come ad esempio in caso di chetoacidosi diabetica o iperglicemia grave, è necessario un intervento immediato. In questi casi si usa l’insulina regolare per via endovenosa, somministrata in ambiente ospedaliero, per ottenere un effetto rapido e controllato.
Vantaggi e svantaggi della terapia insulinica
L’insulina è uno strumento terapeutico potentissimo, soprattutto nei pazienti con diabete di tipo 1 o con diabete di tipo 2 avanzato. È una terapia salvavita, ma come tutte le terapie richiede attenzione, educazione e consapevolezza.
Vantaggi principali dell’insulina
Efficacia senza limiti
L’insulina è in grado di abbassare qualsiasi livello di glicemia, purché venga dosata e gestita correttamente. Non esiste un “limite massimo” oltre il quale non funziona: può sempre essere aumentata fino a raggiungere un controllo adeguato, anche nei casi più complessi
Flessibilità terapeutica
Con gli schemi moderni come la terapia basal-bolus, è possibile adattare le dosi in base ai pasti, all’attività fisica, al lavoro o agli orari irregolari. Questo consente a molte persone di seguire uno stile di vita attivo e libero, senza dover rinunciare troppo alla spontaneità.
Tecnologie sempre più avanzate
Oggi esistono strumenti che rendono l’uso dell’insulina più semplice, preciso e meno invasivo: penne intelligenti, microinfusori, sensori per il monitoraggio continuo della glicemia e addirittura sistemi semi-automatici (pancreas artificiali) che gestiscono l’insulina al posto del paziente, migliorando sicurezza e qualità di vita.
Svantaggi e possibili effetti colaterali effetti collaterali
Ipoglicemia
Il rischio principale dell’insulina è l’abbassamento eccessivo della glicemia, che può causare sintomi come sudorazione, tremore, confusione mentale, stanchezza o nei casi più gravi anche perdita di coscienza e convulsioni. È essenziale che i pazienti imparino a riconoscere i segnali precoci e sappiano come intervenire.
Aumento di peso
L’insulina favorisce l’ingresso del glucosio nelle cellule e quindi l’accumulo di energia. Questo può tradursi in un aumento di massa grassa, soprattutto se non viene accompagnata da un adeguato controllo alimentare e dall’attività fisica. È un problema comune nei pazienti con diabete tipo 2.
Lipodistrofie
Se si inietta l’insulina sempre negli stessi punti, il tessuto adiposo può reagire formando noduli, aree indurite o, al contrario, avvallamenti cutanei. Per evitarlo è importante variare regolarmente il sito di iniezione.
Effetto Somogyi (iperglicemia da rimbalzo)
Un episodio di ipoglicemia non trattata può attivare una risposta ormonale di difesa da parte dell’organismo, che porta a un rialzo esagerato della glicemia nelle ore successive. Questo effetto può essere subdolo e talvolta mal interpretato come bisogno di aumentare la dose, aggravando il problema.
Impatto psicologico
Fare iniezioni tutti i giorni, controllare spesso la glicemia, temere l’ipoglicemia: tutto questo può generare ansia, stress e senso di frustrazione. Alcuni pazienti provano rifiuto o stanchezza psicologica nei confronti della terapia, motivo per cui il supporto educativo e psicologico è spesso parte integrante del trattamento insulinico.
Le nuove frontiere della terapia insulinica
Negli ultimi anni, la terapia con insulina ha conosciuto un’evoluzione significativa, grazie alla ricerca scientifica e all’innovazione tecnologica. L’obiettivo è migliorare efficacia, sicurezza, praticità e qualità di vita per le persone che vivono con il diabete.
Ecco alcune delle novità più promettenti:
🔹 Insuline biosimilari
Sono versioni più economiche delle insuline originarie, sviluppate per essere equivalenti in termini di efficacia e sicurezza. Offrono un’alternativa accessibile, soprattutto nei sistemi sanitari dove il costo dei farmaci rappresenta un ostacolo alla terapia ottimale.
🔹 Monitoraggio continuo della glicemia (CGM)
Questi dispositivi – spesso simili a piccoli cerotti applicati sulla pelle – misurano il glucosio nel tessuto interstiziale 24 ore su 24, trasmettendo i dati in tempo reale a uno smartphone o a un lettore dedicato.
Grazie ai CGM, il paziente può:
- sapere se la glicemia sta salendo o scendendo,
- ricevere allarmi per evitare ipoglicemie o iperglicemie,
- ottimizzare le dosi di insulina.
I CGM rappresentano oggi uno standard sempre più diffuso, anche tra i pazienti con diabete tipo 2 in terapia insulinica.
🔹 Sistemi ibridi a circuito chiuso (pancreas artificiale)
Questa tecnologia combina:
- un microinfusore di insulina,
- un sensore CGM,
- e un algoritmo intelligente che regola in automatico l’erogazione dell’insulina.
Il risultato? Un sistema che simula il funzionamento di un pancreas “vero”, adattando le dosi in base all’andamento glicemico. Il paziente deve solo occuparsi dei boli prandiali (nelle versioni ibride attuali), ma sistemi completamente automatici sono già in fase avanzata di sviluppo.
🔹 Insuline “smart”
Si tratta di un’innovazione ancora in fase di sviluppo: sono molecole di insulina progettate per attivarsi solo quando la glicemia supera una certa soglia.
L’obiettivo è ovviamente quello di ridurre al minimo il rischio di ipoglicemia, rendendo l’insulina una terapia ancora più sicura e automatizzata, e potrebbero rappresentare una rivoluzione terapeutica nel prossimo futuro.
Considerazioni finali
L’insulina mantiene un ruolo centrale nell’armamentario terapeutico del diabete mellito, configurandosi come trattamento imprescindibile nel diabete di tipo 1 e nelle forme avanzate di diabete di tipo 2 con insufficienza pancreatica.
La comprensione approfondita delle diverse formulazioni insuliniche, dei protocolli di somministrazione e delle tecnologie di erogazione costituisce il fondamento per un approccio terapeutico razionale e personalizzato, capace di ottimizzare il controllo metabolico riducendo al contempo l’impatto psicologico della malattia.
Ma il mondo della terapia antidiabetica non si ferma qui: accanto all’insulina esistono numerose altre strategie farmacologiche — dai farmaci orali ai più recenti agonisti incretinici e inibitori SGLT2 — che stanno trasformando radicalmente la cura del diabete.
Continua a seguirci: nei prossimi articoli esploreremo tutte le altre classi di farmaci e le strategie combinate per il trattamento del diabete di tipo 2.
Ti guideremo passo dopo passo in una guida completa e aggiornata alle terapie più efficaci, personalizzate e sostenibili.
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Excelente información
Grazie!